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La mafia uccide solo d'estate, cosa c'è dietro al film

Raccontando la Sicilia degli anni '70, Pif riesce a restituire un racconto genuino e potente su cosa significasse e significhi ancora crescere in mezzo alla mafia

La mafia uccide solo d'estate, cosa c'è dietro al film

La mafia uccide solo d'estate è il film che andrà in onda questa sera alle 22.50 su Rai Movie. Si tratta della pellicola diretta da Pierfrancesco Diliberto, meglio conosciuto al grande pubblico con il nome d'arte di Pif. Con questo ritratto sentito e onesto della Sicilia degli anni '70 e non solo, Pif si è guadagnato il David di Donatello e il Nastro d'argento come miglior regista esordiente. Il successo del film e l'ottimo riscontro da parte della critica ha fatto sì che La mafia uccide solo d'estate diventasse anche una serie televisiva per Rai Fiction con Anna Foglietta e Nino Frassica.

La mafia uccide solo d'estate, la trama

È la notte del 10 dicembre 1969 e mentre Lorenzo e Maria Pia Giammarresi consumano la loro prima notte di nozze, a poca distanza ha luogo un attentato mafioso ordito da Totò Riina che porta alla morte del boss Michele Cavataio. È in questa notte piena di sangue e morte che i neo-sposi Giammaresi concepiscono il loro primogenito Arturo. Quasi fosse stato un segno del destino, la vita di Arturo - prima bambino (Alex Bisconti) e poi adulto (Pif) - sarà cadenzata dalla presenza di figure molto vicine al mondo della mafia, che a Palermo rimane un male di cui si sa tutto ma su cui non si dice mai niente.

Tra l'omertà generale di chi non vede e non sa mai niente e gli omicidi di personaggi in vista come il generale Dalla Chiesa, Arturo cresce tra i primi innamoramenti, il sogno di diventare giornalista e una consapevolezza sempre maggiore di come sia davvero il mondo che lo circonda, sfiorando anche quella di personaggi illustri come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

"Il miglior film sulla mafia"

La mafia uccide solo d'estate si basa sulla sceneggiatura scritta dallo stesso Pif insieme a Michele Astori e Marco Martani. Una sceneggiatura che ha dimostrato la sagacia nel decidere di portare sul grande schermo quella che può essere definita l'educazione sentimentale di un ragazzo timido, sullo sfondo di una Sicilia devastata dalla mafia, in cui ogni gesto può celare una promessa di morte. Questa scelta narrativa ha fatto sì che La mafia uccide solo d'estate riuscisse ad essere percepito come un prodotto originale, legato alla cultura italiana, ma anche come un film dal respiro più internazionale, proprio per la sua tenacia nel concentrarsi su un protagonista umano, senza scadere in toni banalmente educativi o retorici. La mafia, all'interno del film, è sempre presente: eppure non diventa mai un mezzo narrativo per facili ricatti emotivi. Pif racconta tutto con l'onestà di chi conosce Palermo, dove agli attentati nei bar si alternavano anche le giornate con gli amici, le gite al mare, la speranza di poter cambiare il mondo con la forza delle proprie ambizioni. Ed è proprio in questa sincerità scevra di facili manierismi o manie egocentriche che si deve ricercare il successo della pellicola.

Pif si è mostrato talmente abile nel descrivere questa Sicilia degli anni '70 e '80 da essersi meritato il plauso anche di Pietro Grasso, membro della commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali. Quando La mafia uccide solo d'estate è arrivato in sala Pietro Grasso era presidente del Senato e, come riporta Repubblica, non andava al cinema dal 1989. Una distanza dalla sala e dal grande schermo resa necessaria per motivi di sicurezza. Ma per la Sicilia raccontata da Pif Pietro Grasso ha deciso di andarsi a sedere nella sala buia, con la scorta alle spalle, a rivivere i suoi ricordi, al punto da dire al regista: "Hai fatto sentire l'aria che si sentiva nella nostra Palermo".

Il giudizio di Pietro Grasso, poi, si spinge ancora oltre e, sempre secondo quanto riportato da Repubblica, ha definito La mafia uccide solo d'estate come "il più bel film sulla mafia che abbia mai visto".

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