"Le mie trame? Panni stesi tra i vicoli di Napoli..."

Lo scrittore premiato con un Nastro d'argento per le serie tv nate dai suoi fortunati romanzi

"Le mie trame? Panni stesi tra i vicoli di Napoli..."

«Il segreto dei miei libri? Sono i panni stesi in mezzo ai vicoli del centro di Napoli. I panni creano connessioni tra le famiglie nello stesso modo in cui io creo interazioni tra i contesti e i personaggi».

Maurizio De Giovanni, il vulcanico scrittore che sforna libri come sfogliatelle, che dà vita a fiction che occupano metà dei palinsesti della Rai, racconta l'essenza del suo successo planetario seduto al Gambrinus. Lo storico locale di piazza del Plebiscito a Napoli, si sa, è diventato un set permanente, un tavolino è riservato sempre al Commissario Ricciardi (Lino Guanciale) e il suo soprabito è appeso lì accanto. Naturale, dunque, lanciare la terza stagione dei Bastardi di Pizzofalcone - che comincia questa sera sul primo canale - nel cuore di Napoli, che è la vera protagonista dei suoi romanzi. Quella Napoli tornata a essere un miracolo di produzione cinematografica e televisiva. Non per nulla proprio qui si è svolta l'altro ieri la prima edizione dei Nastri d'Argento (premio dei giornalisti cinematografici) dedicati alla serie televisive. Tra i premiati, ovviamente, De Giovanni. E poi attori, produttori e registi, tra gli altri, di Gomorra, L'amica geniale, Montalbano, Petra, Romolus...

Dunque, partiamo dai Bastardi: la terza serie ancora meglio delle precedenti?

«Assolutamente sì. Penso che sia la migliore delle tre, un passo in avanti, ha più ritmo. La regista Monica Vullo ha fatto un ottimo lavoro. Si riparte dal finale della seconda stagione: la bomba piazzata davanti al locale dove si trovavano i nostri poliziotti, si scoprirà chi si è salvato e poi si dipanerà il mistero di chi l'ha piazzata».

Ormai tra lei e Alessandro Gassmann - il protagonista, ispettore Lojacono - c'è un rapporto filiale.

«Alessandro ha cambiato le mie idee sui figli d'arte. È uno degli incontri che ti cambiano la vita. Quando ho visto come ha messo in scena Il silenzio grande presentato a Venezia, ho pianto come se quel testo non l'avessi scritto io».

Di progetti ne ha molti. Ma prima di tutto i suoi fan vogliono sapere se ha cambiato idea sul Commissario Ricciardi e se tornerà a vivere nelle sua penna.

«In effetti, mi sto ricredendo: soprattutto - scherza - per evitare le minacce fisiche dei lettori. Però mi piacerebbe puntare sull'aspetto privato di Ricciardi, lasciando stare il giallo, sviluppando la storia sentimentale con Enrica. Così potrei raccontare meglio anche gli anni Trenta».

Invece prende corpo la trasposizione televisiva della serie dedicata a Sara, il suo personaggio della spia silenziosa.

«Ne ha acquistati i diritti la società Palomar e probabilmente andrà in onda su Netflix. Sara rientra nel filone dei personaggi femminili nuovi, lontani dai cliché. Lei lascia marito e figlio perché si innamora del suo capo. Si occupa di intercettazioni e riesce a rubare segreti leggendo il linguaggio del corpo. Grazie a lei posso raccontare a mio modo i grandi misteri italiani, da Ustica alla morte di Papa Luciani. Chi vedrei nei panni di Sara? La mia amica Valeria Golino sarebbe perfetta...».

In arrivo nei prossimi mesi sugli schermi Rai, oltre alla seconda serie di Mina Settembre, un'altra fiction che potrebbe intitolarsi L'ultimo spettacolo.

«È ambientata nel mondo della notte, racconta di una coppia che vive una profonda crisi matrimoniale e il marito si rifugia nei lavori nelle ore buie».

E sempre Napoli fa da sfondo e dà anima.

«Il centro di Napoli, che ha una particolarità unica: lì convivono tutte le realtà. È questo che rende originali i miei libri. La periferia ti fornisce una sola chiave di lettura. Nel centro, invece, c'è tutto e puoi scegliere tra tanti punti di vista. Prendete via Toledo: da una parte ci sono i negozi griffati, dall'altra il dedalo dei vicoli dove si parla e si mangia in modo totalmente diverso. E sono a due minuti di distanza».

Un pozzo di storie che lei divora.

«Io mi metto alla finestra e racconto quello che vedo. Cammini per le strade, parli con la gente, ed è tutto lì.

Scrivo veloce perché non sono un bravo scrittore: metto insieme soggetto, verbo e complemento. Vado avanti con la trama senza mai tornare indietro a cambiare, così arrivo a buttare giù 10, 15 pagine al giorno. Ma vi giuro che i miei figli, uno medico e l'altro ingegnere, scrivono meglio di me».

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