Il libro inizia con la morte (improvvisa e imprevista) del Papa. Il primo Papa che ha scelto di vivere lontano dall'appartamento a lui riservato. Un Papa innovatore. Un Papa pieno di fascino e dal forte impeto riformato. Ed è proprio dal suo capezzale, nella Casa Santa Marta, che prende il via Conclave, l'undicesimo romanzo di Robert Harris (pubblicato da Mondadori) appena arrivato nelle nostre librerie. Lo incontriamo negli uffici romani della casa editrice a poco più di un chilometro in linea d'aria dal Vaticano.
La sua ricerca è meticolosa e restituisce con fedeltà l'atmosfera di un Conclave. Come mai, dopo aver parlato della Seconda guerra mondiale, del Nazismo, e dell'antica Roma ha deciso di parlare dell'elezione del Papa?
"Sono rimasto affascinato dal diario, pubblicato in forma anonima, di una cardinale dove si racconta nei dettagli l'elezione di Papa Ratzinger. In generale il leit motiv di tutti i miei libri è sempre il rapporto tra uomo politico e potere. E il Conclave è in fondo un momento cardine del potere della Chiesa".
Cosa l'ha stupita di più nella sua ricerca storica su questo argomento?
"Sono rimasto davvero sbalordito dall'ambizione tutta politica dei cardinali. Mi aspettavo qualcosa del genere ma non in questi termini. Tutti coloro che entrano nella Sistina per l'elezione fanno di tutto per far sapere al mondo che non ambiscono a questa carica, eppure ognuno di loro, proprio nel momento in cui varca la soglia della celebre Cappella, ha già scelto l'eventuale nome da pontefice".
Nei ringraziamenti, a fine libro, cita molte fonti vaticane. A pubblicazione avvenuta ha avuto dei riscontri positivi da quell'ambiente?
"Sì, un cardinale l'ha letto e mi ha detto che gli è piaciuto molto. E mi ha anche confessato che molti cardinali vorrebbero essere come monsignor Lomeli (il cardinale decano, nel romanzo, che gestisce con devozione e rigore morale le operazioni di voto e voce narrante del romanzo, ndr). Però più di tutto mi ha fatto piacere pensare all'estrema libertà di cui ho goduto nello scrivere su un tema che riguarda la fede e i pensieri più radicati di oltre un miliardo di persone in tutto il mondo. Questa libertà, immagino, non l'avrei avuta se avessi tentato di scrivere, per esempio, sull'Islam".
Lei parla di potere politico all'interno della Chiesa, ma sorvola su scandali ben noti a tutti, come Ior e pedofilia.
"Mi interessava di più pensare alla Chiesa come un'arca in mezzo alla tempesta della modernità. In fin dei conti i cristiani sono perseguitati più di quanto ne parlino i giornali europei. Appena quindici giorni dopo aver finito il romanzo c'è stata l'uccisione del parroco di Rouen per mano di fondamentalisti islamici. È dal nuovo ruolo della Chiesa nell'epoca moderna che prendo le mosse".
Un ruolo diverso da quello che ci si aspettava?
"Di sicuro gli storici del Secolo breve non l'avevano previsto. Tanto meno Marx. Dopo la caduta del Muro di Berlino l'organizzazione religiosa è divenuta centrale nello scacchiere internazionale. E il Papa, che lo voglia o no, è una delle figure più importanti e potenti".
Nel libro fa dire al narratore una battuta sugli inglesi. Solo i bookmaker sono interessati a un conclave.
"È solo una battuta. Almeno per mia fortuna, visto che degli undici romanzi che ho scritto è quello che ha venduto di più nelle prime due settimane. In verità c'è sempre stata attenzione verso Roma e il papato. Un'attenzione mai scissa dalla nostra atavica paura. Anche se a onor del vero le due Chiese (cattolica e anglicana) non sono mai state tanto lontane".
Cosa ne pensa della Brexit?
"Per ricollegarsi al tema del libro, si potrebbe dire che il pioniere della Brexit sia stato proprio lo scismatico Enrico VIII".
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