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Le perle di Auden Un gigante del Novecento (e anche oltre)

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Le perle di Auden Un gigante del Novecento (e anche oltre)

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Davide Brullo

C on un salto editoriale triplo, l'editore Adelphi colma la nostra canonica arretratezza lirica pubblicando un'ampia scelta delle poesie di Wystan Hugh Auden, nato 110 anni fa, morto nel 1973, tra i massimi, ineffabili, inafferrabili poeti del Novecento (Poesie scelte, pagg. XXIX+890, euro 70). Fu, in sintesi, l'idolo della contraddizione, uno che «ha espresso nei suoi versi le ansie e le aspirazioni della sua generazione con un grado di intensità e di complessità senza pari» (questo è quel vegliardo di Mario Praz, il quale, in estasi, ci spiegò che Auden «può ben raccostarsi agli artisti che in altri campi han dominato il mondo moderno, come Picasso»). Scoperto da Thomas S. Eliot, che per la «sua» Faber & Faber ne pubblicò la prima raccolta, nel 1930, Auden la pensava al contrario del maestro, anglocattolico e conservatore: flirtava con il comunismo, nel 1937 volò in Spagna per dare il suo aiuto alla causa dei «repubblicani». Tornò con in tasca macerie di versi crepitanti («La pietà noi impariamo e la rivolta») e un ribollente schifo verso le ideologie: dal 1940 si riavvicinò al cristianesimo, il cui esito lirico sono le miracolose Horae Canonicae, di superba raffinatezza («Non è facile/ credere in una giustizia inconoscibile/ o pregare nel nome di un amore/ il cui nome si sia scordato»). Il vulcanico Auden seguì a Oxford le lezioni di prof J. R. R. Tolkien (fece parte della commissione che gli consegnò la laurea), gli piacevano i miti e sulle tracce di Snorri fece un celebrato viaggio in Islanda («Questa è un'isola, pertanto/ irreale»), ma a Gandalf preferiva Sigmund Freud, cui dedicò, nel 1939, un'ode In memoriam, «intorno a lui restavano infine/ gli oggetti dei suoi studi, i nevrotici e le notti/ e le ombre».

Fu, Wystan, il capo carismatico di un baldo gruppo di poeti, Cecil Day-Lewis (che è il padre dell'attore pluri-Oscar Daniel Day-Lewis), Stephen Spender, Louis MacNeice; sposò la figlia di Thomas Mann, Erika, nel 1935, «per procurarle un passaporto britannico» e salvarla dalla tagliola nazista, ma il matrimonio non fu mai consumato: Auden amava i maschietti, in quegli anni faceva coppia con Christopher Isherwood.

Ha scritto per Benjamin Britten e lavorato con Igor Stravinskij, ha abitato negli Stati Uniti, a Capri, in Austria: Iosif Brodskij parlando di Auden ricorda «la sua autonomia, la sua assennatezza, il suo equilibrio, la sua ironia, il suo distacco in breve la sua saggezza».

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