Quando Croce insegnò a pensare agli Americani

Giancristiano Desiderio

Benedetto Croce in Texas (Moretti&Vitali) è un delizioso libricino di Alessandro Carrera, direttore di Studi italiani all'Università di Houston. A dispetto del titolo, non tratta della filosofia di Croce ma racconta - come dice il più fedele sottotitolo - «Storie di filosofia italiana in Nord America». E del resto la storia inizia proprio con Croce...

Nel 1912 il filosofo fu invitato a inaugurare con un'orazione sull'Estetica il Rice Institute di Houston ma non poté andare in America. Il rettore Edgar Lovett Odell, però, insistette e chiese di inviare il testo. E così, l'anno dopo, nacque il Breviario di estetica. Forse, il libro crociano più fortunato e tradotto nel mondo. Ed è qui che Carrera, immaginando il viaggio di Croce «dal Golfo di Napoli al Golfo del Messico», si chiede in modo molto poco crociano come sarebbe stata la storia della filosofia italiana e forse anche la storia politica se il filosofo dell'Estetica avesse tenuto la sua «lezione nelle praterie» texane e si fosse fermato negli Usa, a New York o in California.

E oggi? Volendo disegnare un piccola mappa dei filosofi italiani in America possiamo tracciare dal comune albero neoidealistico - son tutti nipotini di Croce e Gentile - tre linee: il pensiero debole di Vattimo, che ha avuto fortuna negli anni '90; la politica del negativo di Giorgio Agamben reclutata nel «Gran Teatro dell'Oklahoma»; e il caso del neomarxismo di Autonomia di Raniero Panzieri, Mario Tronti, il primo Cacciari, Toni Negri: «uno scintillante esoterismo accademico distillato come un liquore, spaccacapelli come lo era il caro vecchio marxismo e trionfante nel sostenere il potenziale rivoluzionario delle masse cognitivizzate mentre gli operai del Michigan e della Pennsylvania votano Donald Trump e con 30mila voti di differenza lo eleggono presidente. Missione compiuta».

Nel 2012, esattamente un secolo dopo il dialogo platonico tra Houston e Napoli, è uscito in America Pensiero vivente. Origine e attualità della filosofia italiana del napoletano Roberto Esposito, in cui il carattere della filosofia italiana con il primato della vita, della storia, della politica, dell'estetica, da Machiavelli a Croce, sulle fissazioni gnoseologiche e cognitive della filosofia moderna e analitica dà pane ai denti dei filosofi che senza vita non saprebbero come pensare. È, per vie traverse, il ritorno di Croce in Texas, si può dire.

Se è vero, come sottolinea Carrera e questa volta crocianamente, che non esiste una filosofia nazionale perché il pensiero è universale per natura, è altrettanto vero «che ci sono alcuni filosofi ai quali capita di essere italiani». Anche in Texas.

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