Cora MacDuff ha i capelli «rossi come l'alba», è spigolosa e bella. Quando, nel 1025, trova rifugio a Inverness, presso il casato dei Mormaer del Moray, è in fuga. Il cugino di suo padre, Re Malcom, ha cercato di uccidere tutta la sua famiglia, per evitare che qualcuno potesse rivendicare la corona di Alba, come allora, all'inizio dell'anno Mille, si chiamava la Scozia. Re Malcom ha ucciso il padre di Cora, lo ha fatto a pezzi come un animale, e soltanto lei e il fratello, Kendrick, si sono salvati. Dall'altra parte delle montagne, Cora sente ribollire il sangue - sangue reale, che ambisce al trono del cugino - e pensa alla vendetta: per lei, «ogni torto subito era come carne viva e le procurava un dolore quasi gradevole», mentre fare scorrere il sangue altrui non le procurava alcun rimorso.
Nel Moray, la bella Cora MacDuff incontra l'affascinante Macbeth, una cascata di capelli biondi, occhi scuri, che le giura amore eterno e la vuole sposare. È l'inizio della tragedia, anche se solo in un certo senso, visto che la futura Lady Macbeth è già stata cresciuta dal destino in mezzo alla violenza e alla crudeltà: Cora MacDuff, in gaelico Gruoch, è la più spietata delle signore di Shakespeare, una Regina di sangue come si intitola il romanzo di Joanna Courtney (Neri Pozza Superbeat, pagg. 368, euro 19, in libreria dal 28 maggio, euro 9,99 in ebook), che esplora l'antica Alba-Scozia e i protagonisti della sua storia, fra battaglie, sovrani spietati, matrimoni, carneficine, tradimenti, sentimenti repressi, figli illegittimi e figli da far salire al trono, mostri nei laghi, suggestivi crannog (le palafitte nei loch, collegate alla terraferma grazie a passerelle in legno), vigneti (il clima era più mite, lassù nelle terre del Nord, mille anni fa) e le prime distillerie di usquebaugh, detto anche uiskie, un odoroso liquido color del miele che avrà un ruolo non irrilevante nella trama...
Va detto fin da subito che quello di Joanna Courtney non è un ritratto buonista di Lady Macbeth; anche se la sua cattiveria ne esce, non ridimensionata, però in qualche modo contestualizzata: era una giovane donna di stirpe regale, educata per finire a corte, alla quale un parente ha massacrato la famiglia; poi, quando trova l'amore di Macbeth, la sorte non gira proprio come dovrebbe: alla vigilia delle nozze, il clan dei Mormaer stesso sferra un attacco contro Macbeth, costringendolo a fuggire con il fratello di Cora, mentre Cora viene costretta a sposare uno degli assassini. Sono anni bui, cinque anni di violenze e un figlio, Lachlan, il cui padre è incerto per gli stupri subiti; fino al ritorno improvviso di Macbeth, che le rinnova il sogno promesso con il matrimonio: portare il figlio di Cora sul trono di Alba, riunendo così i due rami regnanti di Costantino e di Aed, con Cora a rappresentare quello di Costantino (come il cugino Malcom) e Macbeth come ultimo erede di quello di Aed. Secondo la tradizione, infatti, dalla morte del primo Re Kenneth MacAlpin di Dál Rialta, il regno di Alba toccava alle stirpi generate dai due figli, Costantino e Aed, in perfetta alternanza; o meglio, perfetta quanto le circostanze e l'avidità lo consentivano, infatti il solito, perfido Malcom aveva già nominato il nipote Duncan «tanaise», cioè suo erede, e mirava a passargli la corona, ignorando i «diritti» degli Aed.
Si capisce che il regno di Alba fosse romantico soltanto nei paesaggi e non un luogo per dolci sentimenti, anche se il romanzo di Joanna Courtney ne mostra qualcuno: l'amore fra Cora e Macbeth è forte e autentico, tanto che lui ama il figlio di lei, Lachlan, come fosse suo, e non esita a cedergli la corona ottenuta con tanta fatica e tanto sangue, «dimettendosi» da sovrano. E altrettanto genuino, anche se non meno intriso di violenza e ambizione, è il sentimento che muove Sybill, l'altra protagonista della storia, la rivale di Lady Macbeth. Sybill è la moglie di Duncan, decisa a far regnare il marito nonostante la scarsa considerazione che il nonno Malcom ha di lui (preferirebbe infatti che il trono passasse direttamente al loro primogenito, guarda caso Malcom III); anche lei è orfana, ed è sfuggita al massacro della propria famiglia, in Danimarca, insieme al fratello Ward, con il quale ha percorso una lunga strada e una brillante carriera, arrivando a corte. Sybill non è da meno di Cora; un giorno, davanti al re d'Inghilterra Edoardo (interpellato per sostenere la causa di Malcom III contro Macbeth), il fratello le ricorda: «Il mio braccio brandiva la spada, è vero, ma tu eri la volontà che la faceva muovere».
Le signore di Alba sono crudeli quanto i mariti, del resto non c'è eredità e non c'è regno che non nasca nel sangue, e non finisca nello stesso modo. Si governa con la spada e con un esercito forte e fedele, di rado un trono dura più di dieci anni. Quando il padre di Duncan la chiede in sposa per il figlio, si premura di avvertire Sybill che potrebbe restare vedova prima ancora di aver partorito il loro futuro primogenito. Non è un Paese per cuori deboli, si potrebbe dire... E certo Lady Macbeth non vi sfigura, come quando si presenta sul campo di battaglia di Glamis accanto al marito nelle vesti di regina guerriera, con gli stivaloni ai piedi e l'elmo a coprirle la chioma di capelli rossi. Poi, sul trono, Macbeth e consorte si rivelano addirittura degli innovatori, grazie anche a un viaggio ispiratore a Roma, nel 1050: portano le prime strade e le monete e spingono per la nascita delle prime città, allora inesistenti in Scozia.
E Re Duncan non viene ucciso nel suo letto, bensì sul campo di battaglia: l'assassinio a tradimento è una «riscrittura» della storia da parte dei vincitori (Malcom III) che si tramanda fino alla Historia Gentis Scotorum di Ettore Boezio e, da lì, a Shakespeare. Regina di sangue, ma fino a un certo punto.
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