Dunque non cambia nulla. Nonostante ripetute indiscrezioni, il Festival di Sanremo andrà regolarmente in scena dal 12 al 16 febbraio. Niente rinvio. «Rinviare lo show ci avrebbe costretto a rivedere tutto il nostro progetto», ha detto ieri Fabio Fazio, aggiungendo però: «Sarà un Festival anomalo perché cadrà in una fase di campagna elettorale. È evidente che risentirà dei giorni che vivremo, perché è una manifestazione calata nella realtà. Ma la par condicio, che è perfettamente regolamentata - ha proseguito - non vieta di cantare, parlare, ridere o scherzare». Una dichiarazione che si può spiegare in vari modi. Potrebbe essere una sorta di dichiarazione d'intenti: non possiamo evitare di parlare di elezioni. Oppure un'ammissione del tipo: tranquilli che la politica non entrerà all'Ariston.
In ogni caso, lo spostamento del Festival sarebbe stato non soltanto un precedente impossibile da cancellare, ma avrebbe dato dell'Italia un'immagine ancor più fumosa e precaria di quanto già sia. In nessun paese del mondo occidentale infatti si è mai pensato di spostare uno show centrale nel costume soltanto perché arrivava a ridosso (non in coincidenza) con le elezioni politiche. Senza contare che gli accordi contrattuali o precontrattuali già presi con orchestra, maestranze e ospiti vari avrebbero potuto comportare una penale non irrisoria in caso di non osservanza.
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