Scorsese racconta George Harrison

Scorsese racconta George Harrison

Si possono conoscere tutte le canzoni dei Beatles, ogni episodio della loro carriera, ogni viaggio ma c’è una storia ancora da raccontare a fondo. Quella di George Harrison e a farlo è il regista premio Oscar Martin Scorsese. Per un solo giorno, giovedì prossimo, 100 sale del circuito Nexo Digital programmeranno il film tributo George Harrison: Living In The Material World (dal titolo di un suo album da solista, due anni dopo lo scioglimento dei Beatles e dell’omonimo libro, ricco di foto inedite, uscito pochi mesi fa), prodotto dalla vedova Olivia Harrison, amministratrice della fondazione Material World Charitable e della fondazione George Harrison for UNICEF.
«Dicono che sia il membro dei Beatles che sia cambiato di più, ma per me il significato della vita è proprio questo: devi cambiare», dice Harrison in uno dei tanti filmati d’archivio, spesso inediti, che si alternano nel montaggio del film a interviste nuove, come quelle a Paul McCartney. Famoso, ribelle, leggendario, tranquillo, misterioso, visionario: questi ed altri gli aggettivi per descrivere l’artista introverso scomparso a Los Angeles nel 2001. È stata la stessa seconda moglie dell’ex Beatle a fornire al regista i materiali, oltre 600 ore di video privati, nastri di varie epoche. «Non volevo che questo materiale così intimo e prezioso girasse senza controllo per il mondo», ha detto la Harrison, che sabato è stata ospite di Che tempo che fa di Fabio Fazio. «Non credo che l’intenzione di George fosse quella di restare nei Beatles per tutta la vita», dice uno degli intervistati, mentre è lo stesso Harrison in una vecchia intervista video a dichiarare: «vedi le fotografie, gli articoli dei giornali su George Harrison e neanche ti rendi conto che si tratta di te». C’è tutta la sua vita nel film, persino il racconto di quando ipotecò anche la casa per finanziare il film-concerto con Ravi Shankar, seguito del primo live aid della storia, il celebre Concerto per il Bangladesh.

È l’introverso Harrison, che mal sopportava che lo trattassero «come fossi il Messia», a firmare i documenti che nel gennaio 1970 posero fine alla storia dei Beatles: aveva appena 27 anni, un successo da perdere la testa e tutta la vita davanti, un passato difficile da dimenticare, l’India, le droghe, gli incontri, ed era approdato alla quiete assoluta del lussureggiante giardino botanico di Friar Park, la tenuta inglese acquistata nel 1970 per sottrarla al degrado. Il figlio piccolo ha visto il pafre passare anche 10 ore al giorno nel giardino. «Credeva che George facesse il giardiniere, solo da grande ha scoperto la verità».

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