Sei corde nella leggenda. L'ultimo re della chitarra che rivoluzionò il rock

Era da tempo malato di tumore. Tra i più influenti di sempre, inventò lo stile "tapping"

Sei corde nella leggenda. L'ultimo re della chitarra che rivoluzionò il rock

Allora se ne è andato anche lui, uno dei chitarristi più grandi di sempre, uno dei pochi ad aver portato la chitarra fuori dal rock fin dentro il virtuosismo più puro. Eddie Van Halen, che è morto ieri a Santa Monica in California ad appena 65 anni, è stato il Modigliani della sei corde, uno degli ultimi ad aver creato uno stile unico, personale, difficilmente imitabile senza aver studiato e ristudiato, senza aver fatto migliaia di ore di pratica. Altro che l'autotune e i magheggi con le app da uno smartphone che oggi trasformano chiunque in un fenomeno. Aveva un cancro, Eddie Van Halen, un cancro che si portava avanti da anni, prima alla lingua, poi al collo e poi fulminante al cervello che lo ha ucciso in sole 72 ore, una maledizione veloce, quasi un contrappasso per uno dei musicisti più veloci della storia. Con la sua band omonima, nella quale alla batteria c'era suo fratello Alex e alla voce lo spettacolare David Lee Roth, ha ridisegnato i confini dell'hard rock reduce dagli anni Settanta cupi e incazzati aggiungendoci i ritmi allegri e tropicali che gli scorrevano nel sangue (la mamma era indonesiana). Un fulmine nel cielo nuvoloso del rock. E il risultato è stato subito stellare: 56 milioni di copie vendute soltanto negli Stati Uniti, oltre 80 in tutto il mondo. Tour esauriti. Premi a pioggia. E addirittura un super successo mondiale, ossia Jump del 1984, un brano che passa in radio pure oggi e viene sfruttato negli spot di mezzo mondo. Roba da non crederci per un immigrato povero in canna, che aveva trascorso l'adolescenza ascoltando i Beatles e i Led Zeppelin. Dopotutto, talenti si nasce e lui «lo nacque», dimostrando subito di essere un fuoriclasse per dote innata.

In sostanza Edward Lodewijk Van Halen, figlio di un sassofonista di Amsterdam traslocato a Pasadena a metà degli anni Sessanta, è diventato il miglior chitarrista di sempre (per lo specialista Guitar World, invece Rolling Stone lo piazza all'ottavo posto) grazie a uno stile riconoscibile e una tecnica che nessuno prima credeva potesse esistere: il «tapping». Il «tapping» è in poche parole il suono della chitarra con entrambe le mani sulla tastiera, sia la sinistra che la destra, invece che una sola. Nella chitarra elettrica amplificata, due mani sulla stessa tastiera possono raggiungere intervalli molto più ampi del solito e, soprattutto, impossibili da raggiungere in qualsiasi altro modo. Un prodigio in un'epoca, gli anni Ottanta, durante la quale il virtuosismo chitarristico era al centro dell'attenzione dopo la scorpacciata di maghi anni 70, da Carlos Santana a Jimmy Page. Tanrto per capirci, negli Stati Uniti i Van Halen sono diventati in pochissimo tempo la «big thing» la sensazione di cui tutti parlavano (e di cui tutti compravano i dischi e i biglietti). Dischi come Van Halen II o Women and Children First diventarono veri e propri cult. E questo virtuoso della chitarra entrò nei circuiti «bene» del pop mondiale. Non a caso Michael Jackson gli affidò l'assolo di chitarra di uno dei suoi pezzi più decisivi, ossia Beat it. Lì più o meno in trenta secondi Eddie Van Halen scrive un pezzo della storia del rock. Nel frattempo, lui così fuori moda ma così schiavo dei vizi (alcol e cocaina, soprattutto) sposò Valerie Bertinelli, attrice bella e sensuale ma non così brava, che lo fece diventare padre di Wolfgang, che poi entrò addirittura nella band del padre.

Insomma per venti anni Eddie Van Halen è stato al centro dell'attenzione, dei Grammy Awards, dei record di incassi. Poi, come sempre accade, le mode cambiano e i suoi Van Halen sono usciti dal circuito mainstream. Ci sono stati cambi nella band (prima arriva Sammy Hagar, poi torna David Lee Roth) e soprattutto ci sono stati i problemi di salute.

Mentre Eddie, con quel suo sorriso triste, li affrontava, le scuole di chitarra nel mondo diffondevano la sua tecnica, così intuitiva ma così difficile da realizzare. Ora che Eddie Van Halen non c'è più, rimane un talento cristallino ed epocale, qualcosa che sopravvive alla cronaca e poi entra nella storia.

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