"Quella sera di 25 anni fa il Tg5 in onda per miracolo"

Il direttore del notiziario di Canale 5: "Eravamo matti, non avevamo provato nulla. E i servizi non partivano"

"Quella sera di 25 anni fa il Tg5 in onda per miracolo"

Ne ha passate tante in quattro decenni di giornalismo. Però i brividi più forti, quasi da svenimento, Clemente J. Mimun li ha provati in quell'attimo: il momento della nascita del Tg5, il telegiornale della televisione commerciale destinato a cambiare il mondo dell'informazione. Era il 13 gennaio 1992 e Mimun era il vice del direttore Enrico Mentana. Con loro c'erano, tra gli altri, Lamberto Sposini, Cesara Buonamici, Cristina Parodi, Emilio Carelli. Sono passati 25 anni e, dopo importanti incarichi, tra cui il Tg1 e il Tg2, il direttore festeggia l'anniversario sulla poltrona (è tornato nel 2007) dello stesso telegiornale che ha visto nascere.

Dunque, come andò quel folle giorno?

"Eravamo veramente matti: non avevamo provato nessun numero zero. Andammo in onda di fortuna. Tutti, e dico tutti, i primi sei servizi annunciati da Mentana non partirono, non erano pronti. Lui fece uno slalom colossale, la sua prima prova da maratoneta, finché il settimo, uno dei meno importanti, riuscì ad andare in onda. In quel momento pensammo che ci avrebbero chiuso subito, invece il giorno dopo risultò che avevamo addirittura battuto il Tg1".

Da quel giorno cambiò il modo di fare i Tg.

"Certo, in Rai i notiziari erano molto ingessati, istituzionali. Noi lanciammo un linguaggio nuovo, più vicino alla gente. Il nostro punto di forza era la cronaca, meno seguita dagli altri Tg. La nostra rivoluzione costrinse tutti a migliorare".

Il momento più drammatico?

"Nella mia memoria resta sempre quel primo giorno".

Il più commovente?

"Quando Benedetto XVI lasciò il pontificato. Invidiai molto la giornalista dell'Ansa, che sapendo il latino capì tutto subito".

Gli anchormen più bravi?

"Oltre al fondatore, cioè Enrico, in cima all'elenco metto sempre Cesara Buonamici, lei è come un buon vino toscano, migliora sempre".

Come è cambiato il telegiornale in questi 25 anni?

"È più forte che mai, fa più ascolti, ha più qualità e più pubblicità. E si basa ancora sui privilegi che Silvio Berlusconi ci diede nel 1992: la libertà di fare il Tg come volevamo e di scegliere i colleghi in base alla bravura e non alle raccomandazioni. Oggi rimangono quella coesione, spirito di gruppo ed entusiasmo".

Ma il Tg1 è sempre in vetta...

"Veramente noi, con un numero di giornalisti molto inferiore alla Rai, siamo primi sul target commerciale, il pubblico tra 15 e 64 anni, che è quello che interessa a una televisione che vive di sola pubblicità e non ha il canone. Tra le varie edizioni raccogliamo 14 milioni di spettatori al giorno".

Un momento difficile fu quando Mentana se ne andò dal Tg5 e poi da Matrix...

"Io e lui siamo sempre rimasti in ottimi rapporti. Sono sempre stato contento dei suoi successi. E lui è sempre stato presente ai nostri festeggiamenti. Sabato sera, dopo C'è posta per te sarà con noi nello speciale registrato condotto da Bonolis per raccontare, con leggerezza, questi 25 anni, insieme anche a Carlo Rossella, direttore del Tg5 dal 2004 al 2007. Mentana ricorda che Berlusconi ebbe la capacità visionaria di fare un nuovo telegiornale, un gommone di Greenpeace che assaltava le corazzate".

Cambiamenti in vista al Tg5?

"Oggi, con la concorrenza di internet, si fa tanto la corsa a chi arriva primo. Io resto dell'idea che è meglio arrivare, a volte anche dopo, ma con un'informazione accurata e competente: solo così lo spettatore resta fedele".

Come per Mentana, anche per lei non è stato semplice avere come editore il Presidente del Consiglio.

"E io l'ho avuto da entrambe le parti, in Rai e a Mediaset. Ma, come dico sempre, quello che mi è stato chiesto in Mediaset è stato di garantire credibilità e buona informazione, altrimenti il Tg5 non avrebbe il successo che ha sempre avuto. Io non ho mai sentito la pressione di Berlusconi, semmai a volte di qualcuno del suo entourage, ma dipende da ognuno se accettare o meno le richieste".

E in Rai?

"La Rai da sempre è sottoposta all'influenza della politica. Ma, se posso permettermi, dal punto di vista della faziosità mi sembra che l'azienda abbia passato i momenti più brutti sotto i governi di centro-sinistra. La differenza è che qualsiasi cosa facesse Berlusconi si scatenava la bufera, mentre quando le stesse cose avvengono sotto la sinistra si fanno passare più in sordina".

Ma lei si sente

più un uomo Rai o Mediaset?

"Ho iniziato in Rai. Non è stato facile decidere di lasciarla, con tutte le garanzie che mi dava un posto statale, per affrontare l'avventura del Tg5. Ora la mia casa è qui, a Mediaset".

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