La sfida rock dei Maneskin "La nostra musica è libertà"

La band lanciata da "X Factor" pubblica il primo disco "I ragazzi non devono limitarsi o lasciarsi impaurire"

La sfida rock dei Maneskin "La nostra musica è libertà"

In fondo sono loro i nuovi fenomeni. Piacciano o no, i Maneskin dimostrano che c'è vita oltre la trap e tutti i derivati rap che oggi affollano le classifiche. E figurarsi ora che arriva il primo album di inediti. Loro suonano un rock che si è nutrito di T Rex, Bowie, Led Zeppelin e Guns N'Roses, ossia di quei suoni che hanno accompagnato tre o quattro generazioni di ragazzi ma che oggi sembrano nuovissimi a quella sterminata platea di adolescenti svezzati a base di rime, flow e dissing come se non ci fosse altro. «In realtà mio padre mi ha fatto crescere ascoltando Zeppelin e Metallica», spiega il chitarrista Thomas, classe 2001, biondo e spilungone. «E ognuno di noi ha le proprie influenze rock o funk che ha messo a disposizione del suono generale», dicono in coro. Romani. Giovanissimi (neppure ventenni, età media 18). Amatissimi. Ieri hanno presentato Il ballo della vita, l'album che farà numeri stellari esattamente come i primi due singoli Morirò da re (oltre 27 milioni di streaming su Spotify) e il nuovo Torna a casa che è stato tre settimane di seguito in testa alla classifica. «Vogliamo lanciare un messaggio di libertà», spiegano in tre (l'ambiguo Damiano coccolatissimo dalle donne, la bassista Victoria e Thomas) perché il batterista Ethan è rimasto appiedato da un fulmineo intervento di appendicite. Di certo, dopo aver vinto moralmente l'ultima edizione di X Factor, questo quartetto di romani assai veraci spariglia le carte. Intanto suonano davvero e, canzone dopo canzone, le linee di basso o i riff di chitarra confermano che, nonostante l'inevitabile ingenuità, il loro istinto è rock vecchia maniera. E un po' lo è anche la spavalderia con la quale si proclamano «celebri» oppure parlano di «lunga gavetta» nonostante neanche tutti siano maggiorenni. In ogni caso, dietro al Ballo della vita c'è un filo conduttore che comunque rende l'idea di un disco con un'anima. È Marlena, personaggio fittizio che «rappresenta la bellezza e la gioia», come spiega Damiano oppure che «passione e libertà, una grande anima che raccoglie le nostre quattro anime» come precisa Victoria, origini danesi, occhi azzurri, capelli biondi e strepitosa capacità di sintesi nelle risposte: parla come suona il basso, un ritmo preciso e implacabile. Insomma, i Maneskin sono l'immagine di un sogno diventato realtà alla velocità della luce: «Volevamo questo da quanto eravamo alti così», dice Damiano che, grazie a esibizioni stile lap dancer e dichiarazioni equivoche, è diventato l'idolo delle ragazzine e delle loro mamme (qualche volta anche delle nonne, dicono). Poi, certo, quando si «esplode» così velocemente e si ha un'immagine provocatoria, si diventa divisivi: c'è chi li ama e chi li odia, altrimenti detti «hater». E con questo disco i Maneskin si rivolgono proprio a chi li ha ricoperti di insulti sui social: «Vogliamo trasmettere ai ragazzi il coraggio di essere se stessi, di esprimersi, di non autolimitarsi. Parlare degli hater significa toglier loro forza. E poi si sa che ti insultano solo quando fai le cose per bene».

In ogni caso, adesso è il momento di verificare se i Maneskin possono davvero fare un altro passo e, da rivelazione super chiacchierata, possono trasformarsi in realtà duratura. Le premesse ci sono tutte, bisogna ammetterlo.

Dopo la presentazione stasera nei cinema del documentario This is Maneskin (con tanto di esecuzione live di quattro brani dal parco de' Medici di Roma), la band partirà in tour il 10 novembre da Senigallia per una lunghissima serie di date anche all'estero. E poi, alla fine, «vedremo se siamo solo meteore», come rispondono sempre. In fondo, questo è il carattere rock.

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