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Spettacoli

Il jazz esiste ancora? Ci chiedevamo domenica sul Giornale. E il blues da cui tutto è nato? Il blues è un fantasma; la sua anima è stata risucchiata dal rock e i suoi eroi son quasi tutti scomparsi. Se i nuovi cd di jazz sono pochi quelli di blues si contano sulle dita di una mano: non restano molti eroi, ed è una musica troppo legata al contingente. Soprattutto il country blues, entrato in crisi dopo il 1945 con la grande urbanizzazione dei neri. Il bluesman si integra ma musicalmente viaggia verso il compromesso e il cedimento alle mode del tempo. Oggi le (poche) star sono B.B.King, Robert Cray (sul versante più soul), il riscoperto Seasick Steve (un vecchietto riapparso dopo mezzo secolo di vita on the road e che ora riempie persino la Royal Albert Hall di Londra), il giovane bianco Derek Trucks che fa ben sperare per il futuro e poi Buddy Guy, il maestro da cui persino Jimi Hendrix ha imparato i segreti della chitarra. In più s’è perso lo spirito se si pensa che la triste ballata di Robert Johnson Sweet Home Chicago s’è trasformata nell’inno ludico dei Blues Brothers. «Il blues è sempre vivo - ci ha detto Guy - ed è stato il trampolino di lancio per gente come Eric Clapton, che è partito suonando il blues e oggi è una rockstar. Eppure dobbiamo ringraziare i bianchi, perché è grazie agli inglesi che in America negli anni ’60 si è riscoperto il vero blues. Spesso la gente lo confonde con il rhythm’n’blues in stile Buddy Warren». Il blues non è fatto per diventare ricchi, e alle nuove generazioni ricorda il dolore della schiavitù. «Siamo rimasti in pochi, molti son morti e altri dimenticano che il blues ha cambiato la società nera - sottolinea Guy - proprio come ha fatto il rock per i giovani bianchi. Quando arrivai a Chicago 52 anni fa il mondo era nelle nostre mani, e la vita era più sopportabile con la musica di Lightnin’ Hopkins, Muddy Waters, B.B. King che ha inciso il miglior album di tutti i tempi, Live at the Regal». Guy difende la sua causa, lui che dal suo ritorno negli anni ’80 ha venduto milioni di dischi, ma il vero blues appare sempre più agonizzante.
Eppure d’estate esce dal letargo anche dalle nostre parti animando Festival invasi da fan assatanati come quello di Bellinzona e di Pistoia. «Piazza Blues», a Bellinzona, si apre giovedì con personaggi di culto; nel giro rock non li fila nessuno, ma per i puristi sono dei veri miti San Pedro Slim e James Hunter. Il giorno dopo parte con una festa per intenditori delle radici del Mississippi con il duo Cedric Burnside (nipote del mitico R.L.Burnside) e Lightnin’ Malcolm e si chiude con l’esaltante show di Buddy Guy, spettacolare connubio di tecnica ed energia. Sabato chiusura col botto con Robert Cray e il rock blues texano di Jimmie Vaughan con la cantante Lou Ann Barton. Lo storico Festival di Pistoia invece da tempo ha capito l’antifona e diminuisce sempre più il tasso di blues invitando addirittura come star (venerdì) Mario Biondi. Sabato sarà Guy a riequilibrare la situazione, e il chitarrista andrà poi il giorno dopo a Cosenza dove il coraggioso Festival delle invasioni presenta l’ex Rolling Stones Mick Taylor e la talentuosa chitarrista serba Ana Popovich.

Ci sono tanti preziosi e dimenticati festival (da Trasimeno Blues a Blues in Idro a Milano) ma vale a maggior ragione quanto detto per il jazz: il blues dai canti di lavoro e dagli spiritual è il suono che ha dato vita alla musica popolare del 900, ma nel nuovo secolo rischia di diventare il pallido ricordo di un’epoca definitivamente conclusa per mancanza di uomini e di idee.

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