Dal nostro inviato
Quando Frances McDormand mette la bandana, è come John Wayne che si calca il cappello sulla testa o Clint Eastwood che si accende il sigarillo. Accadrà qualcosa, non sarà piacevole, ma non è colpa sua, l'hanno voluto gli altri.
Il più bel film finora in concorso alla Mostra si intitola Three Billboards Outside Ebbing, Missouri, di Martin McDonagh, ed è un western metropolitano e crepuscolare. Il cowboy è donna, working class, e si chiama Mildred: separata, aveva due figli, un maschio e una femmina, ma quest'ultima una sera non è più tornata. Ammazzata e poi stuprata, a cadavere ancora caldo, perché sì, le hanno dato fuoco. Le indagini non hanno portato a nulla, è passato quasi un anno e la madre decide di affittare tre di quei cartelloni pubblicitari che si trovano lungo la strada che conduce a casa sua, proprio lì dove il corpo è stato poi trovato. «Uccisa e violentata» c'è scritto sul primo. «Nessuno è stato ancora arrestato?» dice il secondo. «Come mai, capitano Willoughby?» conclude il terzo. Intervistata dalla tv locale, li spiega così: «Mi sembra che la polizia è troppo presa dall'andare in giro a torturare qualche ragazzo nero per trovare il tempo di risolvere i delitti veri. Così ho pensato che quei manifesti potessero aiutarla a concentrarsi». Siamo nel profondo sud schizofrenico degli States, dove c'è ancora il razzismo nella mente, ma nella vita il capo della polizia spesso è di colore.
La sera in cui la ragazza è uscita per non tornare più, madre e figlia avevano litigato, erano volate parole pesanti e anche questo aggiunge da allora disperazione alla rabbia. Vorrebbe giustizia, Mildred, anche se sa che al fondo non cambierebbe nulla. Quello che non sopporta è che quella morte orrenda sia stata archiviata, non ammette che l'assassino possa farla franca.
Costruito come una tragedia greca, ma con lo spirito degli spaghetti western di Sergio Leone, Three Billboards ha il merito di evitare l'ennesimo film di genere, in stile vendicatore solitario e detective story. Lo fa grazie a una sceneggiatura perfetta, dove il dramma e la commedia si integrano perfettamente, una sorta di umorismo aspro e tagliente che esplode nei dialoghi e nel gergo, perché qui sono di scena la classe lavoratrice e la piccola borghesia, l'una e l'altra parlano la lingua di chi non ha studiato, senza per questo essere ignorante e insomma c'è più verità in quei dialoghi smozzicati che nelle parole rotonde del reverendo della chiesa locale. Il resto lo fa un cast d'eccezione dove oltre la superlativa McDormand (Coppa Volpi già assicurata), ci sono Woody Harrelson e Sam Rockwell, il primo nei panni del saggio capitano Willoughby, il secondo in quelli del suo vice Dixon, immaturo e aggressivo, ma non così carogna come si pensa.
«Il film è anche la storia dello scontro fra il capitano e Mildred dice Martin MCdonagh - dove le ragioni stanno da ambo le parti e c'è comunque un rispetto reciproco. Via via che la tensione monta, la vicenda si dipana ulteriormente. Se si vuole, Three Billboards racconta la ricerca di una speranza per continuare a vivere, l'idea cha alla fine ci sia la riposta a ciò che si cerca. Perché poi, per chi resta, non c'è niente di peggio di un delitto senza colpevoli». Già autore di In Bruges, e 7 psicopatici, inglese d'origine, McDonagh dice di aver scritto il film avendo Frances McDormand in testa fin dall'inizio: «Nessun'altra attrice avrebbe potuto farlo, quando recita è assolutamente vera. E poi è perfetta nell' interpretare un ruolo che appartiene alla tradizione maschile, il ruolo dell'eroe solitario».
Dice Frances McDormand che il suo personaggio «è una donna che non piange mai, perché se lo dovesse fare, sarebbe la fine, non smetterebbe più e le
toglierebbe ogni forza. Non è una madre perfetta, e lo sa. Ma non ci sono parole per descrivere cosa significhi la perdita di un figlio, a differenza di quelle che designano il rimanere vedovi o orfani. E lei sa anche questo».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.