Cruento, eccessivo, quasi sadico. Gli aggettivi di accezione negativa si sprecano quando si parla di un successo televisivo come la serie Il trono di spade, spesso sotto accusa - anche da parte di chi la segue con passione - per il sangue che scorre abbondante mentre la vicenda si dipana.
Il successo tv, la cui nuova stagione ha da poco debuttato sul network americano Hbo e in contemporanea anche in Italia, è indubbiamente un susseguirsi di morti, feriti e situazioni tragiche. Prima o poi, muoiono tutti. O quasi. La vita dei personaggi che popolano il mondo fantasy immaginato da George R. R. Martin è invariabilmente corta, ma anche se cruenta la serie è tutt'altro che eccessiva.
A dirlo è uno studio realizzato all'Università di Oslo, dove una ricercatrice, Celine Cunen, ha messo a paragone la realtà storica, quella della Guerra delle due rose che insanguinò l'Inghilterra tra il il 1455 e il 1485, e la "realtà" fantasy del Trono di spade.
Risultato? L'ispirazione alla storia inglese, ammessa già in passato dall'autore della saga, regge anche quando si mettono a confronto i litri di sangue versato. Principi e cavalieri cadono nella serie, tanto quanto caddero nella realtà. Se si mettessero a confronto le percentuali, il tasso di mortalità non cambierebbe poi di molto.
Una differenza importante, fa notare comunque lo studio della Cunen, c'è. Nel Troni di spade popolani e gente comune muoiono spesso e volentiere. Nei resoconti storici della Guerra delle due rose per loro non c'è spazio.
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