Cultura e Spettacoli

Tutto il pop ricorda Franco Battiato

Nannini, Jovanotti, Morandi e gli altri: ieri all'Arena di Verona un concerto unico

Tutto il pop ricorda Franco Battiato

Ma che atmosfera c'è qui all'Arena di Verona per «Invito al viaggio», il concerto- tributo a Franco Battiato che è mancato il 18 maggio e che proprio quarant'anni fa pubblicò La voce del padrone, uno dei dischi più importanti della musica d'autore italiana. Una gigantesca rassegna di artisti - da Jovanotti alla Nannini a Capossela a Emma ad Alice, Morgan, Carmen Consoli, Max Gazzé e Mahmood tra gli altri - che sono arrivati giusto per ricordare l'artista che sfugge a ogni catalogazione e che, adesso, si trova senza eredi. Forse per questo «Invito al viaggio», con la direzione artistica del grande Francesco Cattini, dell'impareggiabile Stefano Senardi, di Carlo Guaitoli e del leggendario Pino «Pinaxa» Pischetola, si è rivelato una sorta di «compendio ex post» della carriera di Battiato, una rivisitazione della sua musica come è stata ascoltata, vissuta e rielaborata dagli altri artisti. Per capirci, già nel pomeriggio le prove avevano quell'«aura di sacralità» che di solito non c'è nei grandi eventi. L'Arena di Verona quasi deserta, ovviamente. Il palco pieno di tecnici, fonici, musicisti e basta. E gli artisti che uno dopo l'altro provavano il brano che poi, sul palco davanti al pubblico, avrebbero dedicato a Battiato. Emma sontuosa e sofferta con L'animale. Morandi inaspettato in Che cosa resterà di me. Mahmood con una versione di No time no space che ha strappato i complimenti addirittura di Pinaxa, praticamente il «creatore di suoni» di Battiato grazie a una cura e una confidenza lunga decenni. E che questo artista siciliano fosse completamente anomalo lo dimostra anche che al suo tributo sia arrivata Cristina Scabbia, la cantante dei Lacuna Coil, uno dei gruppi heavy metal più seguiti in assoluto. All'apparenza due mondi distanti, quello del metal e quello di Battiato. Ma poi, quando lei ha iniziato Strani giorni con (anche) Saturnino al basso, si è capito che questa distanza non c'era o, se c'era, non era così abissale. In fondo, in tutta la sua carriera, Franco Battiato è andato oltre a ogni classificazione, ha scardinato i legacci della musica d'autore togliendo le zavorre formali e quelle politiche. Ha aperto le finestre della canzone. E ieri sera, su di un palco essenziale e benedetto da un pubblico di affezionarti e conoscitori, il concerto è stato come nelle premesse: autentico. Così autentico da andare oltre le catalogazioni retoriche, i saluti stucchevoli, le dediche tanto per.

Una essenzialità sentimentale che si notava anche durante le prove, quando davvero l'artista si mette a confronto con il «totem«, ossia la canzone che deve interpretare. Se poi la canzone è un capolavoro conosciuto da tutti, potete immaginare la tensione.

E invece no.

Ieri all'Arena di Verona c'è stata una festa che è andata oltre i limiti formali o stilistici, è stata l'ideale celebrazione di un artista che odiava le celebrazioni e che quindi mirava alla sostanza, al nocciolo dell'arte. E si era circondato di (pochi) amici, ma amici sul serio. Quando alle prove è arrivato Lorenzo Jovanotti, ospite annunciato all'ultimo momento, ha abbracciato Gianni Morandi dopo aver cantato L'era del cinghiale bianco di fianco a Saturnino. E nel loro abbraccio c'era entusiasmo, non dolore. C'era la gioia di poter interpretare pezzi complicati ma essenziali che sono stati decisivi per tutti. Come ha scritto Lorenzo su Instagram «dopo due anni esatti torno sul palco» proprio per Battiato. E così hanno fatto tutti.

Nell'omaggio più sincero da tanto tempo a questa parte.

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