Inutile scandalizzarsi sulla raccomandazione. È un peccato del quale, bene o male, si finisce tutti per essere vittime o beneficiati. A parole siamo tutti contrari e poi, magari, andiamo al ristorante e diciamo con tono solenne al proprietario quel «Mi manda Pino» con lintesa che tanto basta per avere prezzo e trattamento di favore. La realtà insomma supera abbondantemente e quotidianamente la fantasia ma ben venga un film come Cè chi dice no che almeno ha il privilegio di spostare lobiettivo della telecamera dalla solita coppia che scoppia per indirizzarlo su un peccato che tanto veniale non è. Attraverso la storia di tre precari delusi e danneggiati dai soliti «figli di» o «amanti di» si scoperchia in maniera mirata un male che ti circonda dovunque ti giri e che fa esclamare ad Albertazzi la frase «Dove andrà a finire questo Paese? Nessuno studia più un c...o» che ben sintetizza spinte e spintarelle che in ogni dove indirizzano carriere raccomandate stroncando contemporaneamente meritocrazia e anni di studi.
Siamo a Firenze. Max (Luca Argentero) è un giornalista promettente in attesa del contratto fisso; quando loccasione si presenta viene scavalcato dalla figlia di un famoso scrittore autore del bestseller «Elogio del merito». Irma (Paola Cortellesi) è una dottoressa stimata che campa con le borse di studio e non vuole figli per non assentarsi dal lavoro giocandosi così tutto; il contratto le salta ugualmente per la spintarella ricevuta dalla fidanzata del primario. Infine, Samuele (Paolo Ruffini), da anni assistente schiavizzato di un barone universitario viene scavalcato in un concorso dal genero fedifrago di un altro barone. I tre, ex compagni di scuola, si ritrovano ad una festa e mettono in atto il loro piano di vendetta attraverso una sorta di stalking.
Il tutto confezionato con garbo da Giambattista Avellino grazie anche ad un cast affiatato dove spicca il livornese Ruffini.
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