Tre volte lavevano dato per morto, ma il più feroce fra i tagliagole talebani riappariva sempre più sprezzante sugli schermi di Al Jazeera e irrideva i suoi nemici. La resa dei conti per il mullah Dadullah, la mente del sequestro di Daniele Mastrogiacomo, è arrivata sabato scorso. Nato 45 anni fa nella provincia di Uruzghan, roccaforte pasthun, è cresciuto nel distretto di Kajaki, nella vicina zona di Helmand, dove oggi i soldati britannici della Nato combattono i talebani. Soprannominato lAl Zarqawi dellAfghanistan, il temuto e carismatico capo talebano faceva ombra addirittura al mullah Omar, il fondatore degli studenti guerrieri. Nella shura, il supremo organo decisionale dei talebani composto da dieci comandanti, era probabilmente il più estremista e pericoloso.
Fin dal 1994 aderì al movimento del mullah Omar e combattendo nella zona di Herat, oggi sotto comando italiano, saltò su una mina. Perse la gamba sinistra, ma non si diede per vinto. A Dadullah spettavano i lavori sporchi e in unoffensiva contro gli sciiti hazara, nella provincia di Bamyan, ne massacrò talmente tanti che il mullah Omar fu costretto a punirlo. Al crollo del regime fondamentalista rimase intrappolato in una sacca nel nord del Paese, ma riuscì a fuggire corrompendo a peso doro i comandanti nemici.
La tribù dei Kakar, affiliata con il suo clan pasthun, lo ospitò nel sud del Waziristan, una regione dellarea tribale pachistana al confine con lAfghanistan. In contatto con Osama bin Laden, fondatore di Al Qaida, Dadullah riorganizzò i nuovi talebani. Coraggioso e dallo spirito combattivo era spietato, ma spezzava personalmente il pane con i suoi uomini.
Dal 2004, quando venne nominato comandante della guerriglia sul fronte sud, cominciò a importare dallIrak nuove trappole esplosive, sempre più devastanti, e la tattica dei kamikaze.
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