Antonelli, una baby crisi dopo aver bruciato le tappe

L'approdo in Mercedes a 18 anni: avvio di stagione da sogno, poi le difficoltà iniziate con la fine degli studi

Antonelli, una baby crisi dopo aver bruciato le tappe
00:00 00:00

Finora abbiamo visto più Andrea che Kimi. Toto Wolff lo chiama così: Kimi quando va tutto bene, Andrea quando va male e solo Antonelli se c'è da arrabbiarsi realmente, cosa che per ora non è mai accaduta.

L'impressione è che non siano bastate 14 gare in Formula 1 per vedere il vero Kimi, il pilota che ha convinto la Mercedes a puntare tutto su di lui, affidandogli la monoposto guidata fino all'anno scorso da Lewis Hamilton. All'inizio Kimi si è trattenuto, ha dovuto convivere con l'ombra di quel crash nei suoi primi giri a Monza l'anno scorso. Ha cercato soprattutto di non sbagliare. Poi, dopo la pole nella Sprint di Miami e il podio del Canada, quando avrebbe dovuto cominciare a darci dentro, ha perso confidenza con la vettura e sono iniziati ad arrivare gli errori. Che le novità portate sulla Mercedes avessero peggiorato invece di migliorare la monoposto, lo confermano le improvvise difficoltà di Russell e anche il fatto che in Ungheria si sia deciso di tornare indietro.

Kimi ci ha messo poco a capire che "la Formula 1 è un mare di squali", come ha raccontato a "Sette". Squali che non vedono l'ora di vederti in difficoltà per attaccarti. Per sua fortuna sta vivendo tutto questo con una tuta della Mercedes addosso. Correre per un team così, significa avere i riflettori puntati sempre su di te, ma anche godere di una protezione che in Ferrari certamente non avrebbe avuto. Toto Wolff lo sa trattandolo come un figlio, non gli dice nulla se sbaglia perché ha provato ad essere veloce, sempre convinto che un talento così non vada imbrigliato. Al massimo Toto se la prende con chi ha esagerato inondandolo con troppo affetto a Imola e troppi lodi a Montreal: "Elevare un ragazzo di 18 anni a livello di una leggenda dopo un podio è pericoloso. Dobbiamo proteggerlo da tutto questo", ha detto in Austria. Troppo clamore, troppa attesa. Ad un certo punto ci si è messo anche Lewis Hamilton che in Belgio è andato a consolarlo dopo che tutti e due erano stati eliminati in Q1. Lo ha visto con gli occhi lucidi ed è andato a parlargli. "Non riesco a immaginare cosa significhi, a soli 18 anni, affrontare gare di questo livello - ha detto alla tv inglese - Portare una responsabilità così grande non è semplice, ma Kimi ha dimostrato di saperla gestire, supportato da un team eccezionale e dalla presenza costante di Bono al suo fianco".

Hamilton non perdonerà se stesso, ma sa perdonare gli altri, soprattutto se in loro rivede un po' del Lewis ragazzino, quando doveva confrontarsi con avversari più grandi e più ricchi. Prima di andare in pausa, Kimi ha chiuso con un decimo posto in gara, cancellando almeno parzialmente l'errore in qualifica. Il confronto con il suo compagno di squadra Russell è impietoso, ma non è che un anno fa in qualifica, Hamilton sia andato molto meglio.

Averlo visto sorridere nell'ultima intervista prima delle vacanze è un bel segnale. Ha bisogno di staccare, di fare il 18enne con i suoi amici e la sua ragazza e di riposarsi. Alla ripartenza festeggerà 19 anni e poi avrà ancora 10 gare per farsi chiamare solo Kimi.

Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica