di Pierluigi Bonora
In pochi anni Ferrari ha cambiato pelle, in parte. Scorporata da Fca, è entrata nella galassia Agnelli, con Exor azionista di controllo. La mossa è servita a portare il Cavallino prima a quotarsi sul mercato Usa e poi anche a Milano. Le azioni sono in piena accelerazione e viaggiano intorno a quota 62 euro, con uno scatto del 61,55% in un anno. «Ma il titolo - ha ricordato recentemente il presidente e ad Sergio Marchionne - ha il potenziale di fare ancora di più». La strategia è quella di portare il Cavallino a diventare un vero marchio del lusso, alla pari di Hermès e altri. Ferrari cambia pelle ma i punti fermi rimangono: la produzione resta a Maranello (a spostarsi in Olanda è stata solo la sede legale) e di realizzare un Suv non se ne parla proprio, e neppure una quattro porte, anche se l'accesso ai posti dietro, dove previsto, dovrà essere reso più agevole.
Cambiare pelle significa anche guardare a motori a 6 cilindri («è solo questione di tempo») da affiancare a quelli tradizionali V8 e V12, senza dimenticare la tecnologia ibrida: «Termico ed elettrico insieme servono anche per aumentare le performance. Dal 2019 inizieremo con parte della gamma, per poi proseguire con tutto il resto», l'ultimo aggiornamento di Marchionne, che resterà al volante della «Rossa» fino al 2021. Importante è non tradire la tradizione, in particolare sotto l'aspetto produttivo e dell'immagine. Nel primo caso Maranello potrebbe sforare anche 12.000 auto l'anno, ma la crescita deve continuare a essere fisiologica e mantenersi nell'alveo dell'esclusività (8.014 le supercar uscite dalla fabbrica nel 2016, di circa 8.400 il conto finale previsto per quest'anno).
Il fatto che le Ferrari 812 Superfast da 800 cavalli, la più potente auto prodotta a Maranello, siano già state tutte ordinate, per l'azienda è la regola da mantenere. Quindi, in questo caso, lunga vita alle liste di attesa.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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