Al momento si diverte come un pazzo, come un ragazzino sugli autoscontri, i calcinculo o le montagne russe. Per Tadej Pogacar, Taddeo per noi, Pogi per i suoi compagni di squadra, il Re Sole per la Grande Boucle che oggi sul calar della sera lo eleverà all'olimpo sportivo per il secondo anno di fila, è un momento semplicemente magico. Taddeo è prossimo a partire lunedì mattina per Tokyo, perché il 22enne ragazzino sloveno che si diverte come un bimbo insegue anche il sogno olimpico. «Sono felice e ho voglia di continuare ad esserlo dice lui - Il Tour l'ho vinto per la mia squadra (Uae Emirates), per i miei compagni, per uno staff che è ormai famiglia, per Ernesto Colnago (oggi sarà a Parigi, con Alessandro, suo nipote, ndr) e tanti sponsor italiani e i tanti tifosi che ho nel mondo, ma i Giochi li correrò per la mia Slovenia: mi piacerebbe fare qualcosa di bello anche per loro».
Si rende conto: ha fatto qualcosa che nemmeno Merckx...
«È vero, sto facendo qualcosa di eccezionale, me ne rendo conto. Aspetto solo la proclamazione di oggi e poi sarà festa. Ho sempre sognato di poter un giorno vincere il Tour, oggi mi trovo lì prossimo a festeggiare un bis che alla mia età nessuno è stato capace di fare».
Lei è sempre stato un predestinato: da junior il Giro della Lunigiana; la Corsa della Pace prima del Tour de l'Avenir da dilettante: mai nessuno capace di tanto. Poi da professionista il Giro di California, Algarve, Valenciana, Slovenia, UAE Tour, Tirreno e al primo anno da Pro è stato 3° alla Vuelta: 22 anni e 28 successi da Pro, 19 World tour.
«Sono felice. Da piccolo sognavo tutto questo».
Avrà però sofferto...
«Altroché. Ho sofferto il caldo in questi ultimi giorni. Non ho dormito molto bene per diverse notti e ho avuto dei fastidi a causa di alcune scottature. Sul Mont Ventoux il momento più delicato. Quel giorno ero al limite quando Jonas Vingegaard mi ha attaccato. Ho provato a seguirlo e in quel momento ho rischiato di farmi molto male. Ho avuto la lucidità di capire che era meglio lasciarlo andare. Non ho perso la calma e anche quel giorno, senza vincere, ho vinto».
Poi due tappe pirenaiche vinte di fila, con la maglia gialla sulle spalle.
«Una cosa bellissima, per me sublime: la gioia che ti esplode dentro».
Un anno fa la vittoria al fotofinish, nell'ultima crono a Planche des Belles Filles, ad un passo da Parigi. Quest'anno dopo una settimana ha sistemato ogni cosa. Molto più facile.
«A parole sembra così, ma vi assicuro che nulla è stato semplice. Al Tour ogni giorno c'è da sudare, c'è da superare gli avversari e anche se stessi. È un insieme di cose, che fanno la grandezza di una corsa esigente e complicata come il Tour».
C'è un signore come Ernesto Colnago, che dall'alto dei suoi 89 anni, verrà oggi per festeggiarla.
«Nell'ultima settimana l'ho sentito tutte le sere. È una persona speciale, che vuole il bene dei ciclisti e anche il mio».
Tanti le vogliono bene, anche se non mancano le malignità.
«Accetto i dubbi ma io posso solo dire che amo il mio sport, la mia bicicletta. Tutto quello che posso fare per rispondere è parlare con il mio cuore e dire che vengo da una buona famiglia che mi ha educato bene e non mi ha mai insegnato a prendere scorciatoie».
Qualche giorno fa qualche collega le ha chiesto se sarebbe disposto a rendere pubblici i suoi dati.
«E io rispondo allo stesso modo: forse un giorno lo farò, ma non so se questo cambierebbe qualcosa. Per vincere il Tour, devi produrre più watt possibili, tutto qui. La pubblicazione dei miei dati potrebbe influenzare le tattiche di gara in quanto i miei avversari vedrebbero di cosa sono capace in determinate situazioni. Non credo che gioverebbe a qualcuno».
Per molti osservatori, dopo la crono di Laval, poteva anche aggiudicarsi
quella di ieri a Saint-Emilion. Così non è stato.«Ho fatto una buona crono, ad oltre 50 km/h di media e va bene così. Oggi salirò per ricevere il trofeo che spetta al vincitore del Tour. Io sono già felice così».
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