Centoquattro giorni, diciotto ore, diciassette minuti e sedici secondi. E' il tempo che Roman Abramovich ha concesso ad Andre Villas-Boas, il giovin signore portoghese che ha concluso ieri la sua avventura a Londra, alla guida del Chelsea. Una storia buffa, secondo repertorio del russo che non ha nulla da invidiare a certi colleghi italiani, da quando ha preso in mano il club, Duemilaquattro, ha spedito a casa: Ranieri, Mourinho, Grant, Scolari, Hiddink, Ancelotti pagando oltre cento milioni di euro di indennizzi, a parte i salari da contratto.
Villas-Boas appartiene alla favola facile e ignorante del football moderno laddove il fascino del luogo di origine e delle raccomandazioni e della capacità affabulatoria valgono molto di più del campo, dei risultati effettivi. Il portoghese, appunto, aveva fatto sognare nuovamente i tifosi del Chelsea che vedevano in lui l'erede dello special one, il figlio di Josè Mourinho. Infatti, Villas-Boas era stato assistente e osservatore a Londra del tecnico oggi al Real Madrid, per poi seguirlo a Milano senza lasciare evidenti tracce e senza imparare le arti migliori del suo docente.
Tornato al paese suo aveva vinto la Euroleague con il Porto battendo il Braga in finale, tanto era bastato per renderlo il pezzo più desiderato del mercato estivo. Massimo Moratti lo aveva contattato e bloccato ma, al momento di concludere l'assunzione, l'Inter non se l'era sentita, per fortuna sua, di versare la penale di quindici milioni di euro al Porto, secondo clausola prevista nell'accordo tra il tecnico e il club portoghese.
Abramovich non ha pensato più di un secondo e ha preso il portoghese, sicuro di far dimenticare il periodo deludente di Ancelotti e di restituire il Chelsea al calcio europeo. Villas-Boas ha commesso il classico errore dei giovani allenatori inesperti e arroganti, ha incominciato a discutere i veterani, Terry, Lampard, Cole e Drogba, ha chiesto al padrone l'acquisto di tre elementi, Romeu, Lukaku e Mata costati cinquanta milioni, ha perso la fiducia del pubblico che aveva creduto al miracolo dopo la vittoria sul Manchester City, lentamente ha visto allontanarsi il vertice della classifica, oggi il Chelsea è a venti punti dal Manchester e a tre punti dal quarto posto mantenuto dall'Arsenal, è stato sconfitto dal Napoli nell'andata di Champions e l'ultima batosta contro il West Bromwich Albion ha segnato la fine.
Villas-Boas è la dimostrazione che il fascino e la moda non bastano per portare avanti un grande club, come sta accadendo a Roma con Luis Enrique. I risultati smentiscono la propaganda, la rinuncia ad alcuni elementi, Drogba e Lampard su tutti, si è rivelata un autogol clamoroso dinanzi al quale la superbia del portoghese non ha avuto limiti: «Io non sono in discussione, ritengo di essere e di restare a lungo l'allenatore del Chelsea e così sarà», sono state le sue parole non di un mese fa, ma di venerdì scorso, alla vigilia della partita contro il Wba.
Abramovich ha affidato la squadra a Roberto Di Matteo (nel tondo) in vista della partita di domani contro il Birmingham ma ha già preso contatti con Rafa Benitez che ha chiesto, come garanzia, un contratto di diciotto mesi. Di sicuro, per paradosso calcistico, Villas-Boas torna in circuito, l'Inter aveva già riallacciato i suoi rapporti con il portoghese e viene data per certa la sua assunzione al posto di Ranieri.
Capita in questo strano football, tre allenatori sulla giostra, tre professionisti licenziati, due dal Chelsea e uno dall'Inter, ma tutti e tre in prima fila. Il divertimento incomincia adesso. Basta avere pazienza, senza mettersi a ridere.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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