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"La sconfitta più cocente? Vi racconto la verità". E su Donnarumma...

Alessandro Costacurta ha ripercorso la sua grande carriera con la maglia del Milan tra tante gioie, pochi dolori e alcuni aneddoti molto interessanti

Costacurta: "La sconfitta più cocente? Vi racconto la verità". E su Donnarumma...

Alessandro Costacurta è stato una vera e propria bandiera del Milan con 663 presenze complessive, tre reti all'attivo e 24 trofei così distribuiti: sette scudetti, una Coppa Italia, cinque supercoppe Italiane, cinque Champions League, quattro supercoppe europee e due intercontinentali. 20 stagion in prima squadra, una leadership indiscussa, un grande senso della posizione che lo fanno essere ancora oggi uno dei più forti difensori italiani della sua epoca e non solo.

Costacurta, ormai da anni colonna portante e opinionista di Sky Sport (che trasmetterà 121 incontri a stagione per il triennio 2021/2024, oltre a tutte le partite della UUEFA Champions League, UEFA Europa League e della UEFA Europa Conference League) in esclusiva per ilgiornale.it, ha ripercorso la sua gloriosa carriera in maglia rossonera ricordando i fasti del passato e molto altro ancora:

Costacurta, lei può essere definito una bandiera del Milan. Ha mai avuto la tentazione di lasciare i rossoneri nel corso della sua carriera?

"Sì, onestamente mi considero una bandiera del club. Io non ho mai avuto né la tentazione né il pensiero di andare via dal Milan ma c'è stato qualcuno che ha avuto questo pensiero. Era la fine della stagione 2002-2003, ero in scadenza e avevo dato la mia disponibilità a restare ovviamente ma il responsabile medico, il dottor Meersseman disse che non ero più all'altezza della situazione e allora andai a giocare tre mesi con i Metrostars a New York. Il Milan poi ebbe problemi a superare il preliminare e mi richiamarono forse anche perché non riuscirono a prendere subito Nesta che poi arrivò sul gong del calciomercato. L'unica volta in cui ho pensato di lasciare il Milan non avevo in realtà deciso io di farlo ma dipendeva da altri".

Come giudica la scelta di Donnarumma di lasciare il Milan dopo aver fatto la trafila nel settore giovanile e dopo essersi dichiarato tifoso rossonero?


"Io non commento il fatto che abbia lasciato il Milan, ognuno fa quello che vuole. Mi dà fastidio che non ha praticamente reso possibile un ritorno economico per il club. Gigio ha mancato di riconoscenza perché così facendo e andando via a zero non ha permesso al Milan di poter incassare qualche milione di euro magari da investire sul mercato per l'acquisto del nuovo portiere, tanto per dire. Per me quello è un segno di irriconoscenza che poi non è l'unico che ha avuto questo comportamento perché anche Messi ha preso milioni e milioni di euro e avrebbe potuto giocare anche gratis per il Barcellona. Quindi non è stato solo Gigi a comportarsi in una certa maniera".

Tornando alla sua carriera, qual è stata la vittoria più bella e significativa?


"Quella che sento più forte è stata la prima perché venivamo da un periodo difficile e di transizione. Avevo vissuto il tutto dal settore giovanile, quando c'era Farina e subito dopo era arrivato il presidente Berlusconi. Vincere la finale di Coppa dei campioni per 4-0 a Barcellona contro la fortissima Steaua Bucarest è stato davvero bello e per questo quella partita la sento come la più emozionante. La partita che sento più mia, però, e che non avrei mai pensato di giocare è stata la finale di Champions League contro la Juventus nel 2003. Sono contento perché ho giocato in un ruolo che per 20 anni non era mai stato mio, l'ho disputata a 37 anni e contro una grande squadra. Devo dire che in quella edizione mi sono sentito davvero importante per i miei compagni più giovani dato che insieme a Paolo abbiamo cercato di dare mentalità e tranquillità.

Qual è stata la sconfitta più cocente?

"Istanbul ovviamente"


Cos'è successo veramente nell'intervallo di Liverpool-Milan ad Istanbul?


"Lì è successo qualcosa che pensavamo non potesse succedere. Eravamo così superiori e sapevamo di esserlo ma alla fine non siamo riusciti a portare a casa la coppa. Nel primo tempo siamo stati superiori perché lo eravamo per davvero ma nel secondo ci siamo sentiti superiori e sono bastati 6 minuti ed è andato in frantumi, siamo mancati di carattere e mentalità. Loro erano inferiori ma hanno fatto sovvertito il favore del pronistico e il risultati. Loro sono stati bravi, noi meno".

Ci sono altre partite che le hanno lasciato l'amaro in bocca con la maglia del Milan?

"Certo, la finale della Coppa Intercontinentale dove ho sbagliato il rigore in finale contro il Boca juniors. Avevo giocato bene quella partita, anzi molto bene e fallire il rigore mi ha fatto davvero male. Io non dovevo nemmeno giocare in quella partita ma poi per un infortunio credo di Nesta sono stato schierato e penso di aver fatto una bella figura nei 120 minuti...purtroppo ai calci di rigore ci è andata male e io ho calciato il penalty più brutto della storia del calcio".

Rifarebbe qualcosa di diverso in carriera o non ha nessun rimpianto?


"No, non ho nessun rimpianto. Ho giocato nella squadra della mia città, in una delle squadre più forti del mondo, ho avuto compagni molto forti che poi sono diventati amici. Non penso che ci sia nessuno che possano avere avuto carriere migliori della mia, a parte Maldini (ride; ndr). Mi allenavo a sei chilometri da dove sono nato, ho fatto di tutto e ho vinto di tutto. Ho giocato con 14 palloni d'oro, con tanti fenomeni, non mi sono fatto mai male e ho giocato fino a 41. Cosa dovevo chiedere di più".


Lei ha avuto diversi maestri: da Sacchi a Capello, Ancelotti, Zaccheroni e tanti altri: chi è stato quello che le ha lasciato di più e quello che le ha insegnato di più?


"Premesso che tutti sono stati importanti posso dire che Capello è stato fondamentale per me. Lui mi ha formato come calciatore e come uomo in un momento particolare perchè ero giovane e ho perso il papà a soli 17 anni, era un momento delicato ma lui mi stette vicino. Quello per me era un periodo fondamentale nella mia crescita, era quello della formazione: se non ti scatta la giusta mentalità poi fai fatica"

L'allenatore invece con cui non ha mai legato?


"Non ho mai legato con Terim per una questione probabilmente di tradizione. Credo che lui mi rispettasse ma aveva modo un pochino strano di dimostrarlo. Aveva strane abitudini dentro e fuori dal campo e facevamo fatica a capirlo. Come anziano del gruppo lo facevo notare e lui mi fece un paio di sortite non bellissime, tipo alla prima di campionato non mi disse che non ero convocato e venni a sapere solo a cose fatte. Quando tu lasci fuori uno che ha fatto la storia di quella squadra è legittimo ma devi avvertirmi con tempo"


C'è un compagno di squadra con cui ha legato di più e uno con cui non si è mai preso?


"Io faccio fatica a dirne qualcuno in particolare perché io sono stato 20 anni in prima squadra e ho giocato con tanti calciatori, Ne scelgo 3 e do la colpa a te se qualcuno si offende (ride; ndr). Uno ovviamente è Paolo, poi dico Demetrio Albertini e terzo Andrij Shevchenko. Con Sheva tra l'altro l'empatia è nata anche per una questione di timing perché quando arrivò a Milano io e Demetrio lo portammo fuori a cena. Andrij venne poi con noi anche in vacanza nonostante non sapesse né l'italiano né l'inglese. Forse senza quella cena non ci sarebbe stato questo grande rapporto e sono felice di quello.

L'avversario più duro da affrontare. Tiro ad indovinare: è per caso Ronaldo il Fenoneno?


"Lui, assolutamente. Vorrei ribadire che io ho giocato anche contro Maradona ma forse il Diego che incontrato io non era quelllo dell'86. Ronaldo mi ha messo minimo 3 volte con culo per terra, l'ha fatto con tutti i più grandi difensori italiani e se chiedi a tutti loro per me risponderanno nella stessa maniera. Ronnie era devastante in tutto e per tutto"

Il compagno di squadra più forte con cui ha giocato?


"Van Basten. Dico Marco anche perché lo dicono i numeri. Poi ho giocato con dei fenomeni del calcio come Maldini, Baresi, Sheva, Gullit, Rijkaard, Kakà e tanti altri ma per Van Basten parlano forte i tre palloni d'oro messi in bacheca"

Berlusconi è stato un grande presidente per il Milan così come Moratti lo è stato per l'Inter: manca un po' di romanticismo nel calcio meneghino?


"Loro hanno fatto la storia del calcio italiano. Non erano solo presidenti, erano i primi tifosi, erano attaccati alla squadra, presenti e amanti del calcio. Hanno speso molto e raccolto tanto. Sì, effettivamente mancano dei personaggi come loro, protagonisti di un calcio romantico"

Ma è vero che Berlusconi diceva spesso la sua agli allenatori del Milan per le formazioni?


"Mai saputo niente, davvero. A me tutti gli allenatori che ho avuto mi hanno sempre detto che faceva pressione ma non imponeva niente. Faceva il tifoso e telefonava il giorno prima della partita o il giorno stesso ma non credo che imponesse nulla, credo semplicemente suggerisse (ride; ndr).

Chi vince quest'anno il campionato?


Io mi sono sempre esposto, ma in realtà non ho mai visto un equiilibrio così forte. C'è un vuoto di potere ma non in senso negativo. Prima c'erano due squadre più forti ora ne vedo 5-6. Non voglio non rispondere e allora dico Inter ma vedo tanto equilibrio. Sarà una dura lotta anche per la Champions League e addirittura vedo la Fiorentina che potrebbe insidiare le romane per la lotta all'Europa League.

Ripeto, dico Inter perché dirigenti sono stati bravi sul mercato a sostituire Hakimi e Lukaku e appena Inzaghi troverà la quadra tornerà a macinare gioco e punti. Vedo però 4-5 squadre che possono giocarsi il titolo con Inter, Juventus, Milan, Napoli e ovviamente anche l'Atalanta perché prima o poi dovranno vincere un trofeo con Gasperini"

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