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"Giochi senza pubblico? Per i tiratori cambia poco, non ce l'abbiamo mai..."

La portabandiera: "Nel 2012 vinsi l'oro per la mia gente terremotata. Adesso sarà per l'Italia ferita"

"Giochi senza pubblico? Per i tiratori cambia poco, non ce l'abbiamo mai..."

Da Fede a Jessica, per un'Italia olimpica sempre più in rosa. Cinque anni dopo l'edizione di Rio de Janeiro, ci sarà un contingente che avrà quasi il 50% di atlete donne. Non era mai successo. La capitana della squadra è Jessica Rossi, partita ieri per Tokyo, e nominata portabandiera al fianco di Elia Viviani. Con quel cognome simbolo di italianità, chi meglio di lei per indossare i panni dell'alfiere azzurro. Dopo che ai Giochi di Londra nel 2012 col suo oro nel tiro a volo aveva regalato un sorriso alla gente dell'Emilia martoriata dal terremoto. Ora un altro sorriso di Jessica serve tanto agli italiani alle prese con la pandemia.

Jessica, come l'ha vissuta?

«Siamo stati fermi per un lungo periodo pur essendo uno sport all'aria aperta e con distanziamento. Abbiamo ripreso con le gare internazionali purtroppo solo all'inizio di quest'anno».

Ai recenti Europei ha conquistato un argento nel trap e un oro nella gara mista (con Mauro De Filippis, il marito da cui si è separata).

«Sì, è la dimostrazione che stiamo lavorando bene. Però sappiamo che i risultati dell'Europeo non sono lo specchio di quello che sarà a Tokyo. Lì sarà un'altra cosa».

Forse era galvanizzata dalla nomina a portabandiera? Cosa ricorda dell'incontro con Mattarella?

«È stata un'emozione mai provata, tanto forte ma totalmente diversa da quella in pedana. Dopo l'allenamento sai cosa ti aspetta in gara e siamo pronti a quello. Lì no. Non è preparabile. Sapevo che sarei stata investita da una valanga di emozioni. Un orgoglio immenso essere lì davanti a tutti i miei colleghi e sono fiera di rappresentare a Tokyo il nostro Paese».

Lei sarà la prima a farlo nel tiro a volo. È un giusto premio al suo mondo?

«Penso che il tiro a volo lo meritasse da tanto tempo. Siamo una di quelle federazioni che ha portato a casa tante medaglie. Eravamo in molti a meritarcelo, se vogliamo, penso a Diana Bacosi, a Chiara Cainero, a Gabriele Rossetti. Quella sera insieme a me a portare il tricolore ci sarà tutto il mondo del tiro a volo».

Anche il primo alfiere della storia italiana (il ginnasta Pietro Bragaglia nel 1908) proveniva da Ferrara.

«Sono nata a Cento, che è sotto Ferrara, ma sono cresciuta e vivo a Crevalcore, in provincia di Bologna. Sono un po' ferrarese e un po' bolognese. C'è sempre una disputa su questo... Ma io mi sento emiliana, per questo a Londra sentivo di rappresentare tutta la mia terra dopo il terremoto che l'aveva colpita e l'obiettivo era regalare un sorriso a tutta la gente che stava soffrendo. Ora che c'è una pandemia, la dedica viene spontanea».

A Tokyo non ci sarà il pubblico. Cosa cambia per lei?

«Siamo abituati perché già di per sé siamo poco seguiti. Ad un'Olimpiade, però, è diverso ed infatti a Londra non sapevo cosa avrei provato con la tribuna piena di gente. In realtà, lì il pubblico si è rivelato un aiuto quando è arrivato quell'errore, il primo, al 92° piattello. Al nooo degli spalti ha fatto seguito un applauso. Mi ha dato una forza esagerata, tanto è vero che poi non ho più sbagliato nulla. Certo, senza pubblico a Tokyo non sarà lo stesso, ma è giusto che si riparta tutti in sicurezza».

Siamo un popolo di tiratori, se pensiamo anche a Campriani e a Wierer. Lei che cosa prova quando colpisce un bersaglio?

«È una sensazione che ti rimane dentro, è adrenalina, è una sfida quotidiana con te stessa. Nel tiro a volo il nostro avversario non è l'altra persona in pedana, ma è il piattello. Chi prova questo sport, se ne innamora e fatica ad allontanarsi».

Lei ha vinto tutto. Non è mai sazia?

«La passione è tutto. Se mancasse quella non sarei qua e non avrei vinto ori olimpici, mondiali, europei e stabilito record del mondo. Il mio è uno sport molto longevo, dove l'età conta relativamente. Per questo, ho 29 anni e mi vedo ancora a lungo in questo sport. Eppoi, ci sono sempre nuovi obiettivi da raggiungere. Pensavo che dopo un oro olimpico di più non ci fosse. Eppure, è arrivata la nomina di portabandiera a cui io in realtà non avevo mai pensato. È di più. E meno male che ho continuato».

Perché, in passato ha pensato al ritiro?

«Sì, dopo il sesto posto di Rio mi è passato per la mente. Arrivavo da un'Olimpiade perfetta come quella di Londra e c'erano mille aspettative su Rio, dove non ero arrivata nelle migliori condizioni. Non l'ho presa benissimo e ho pensato di staccare. Per fortuna è stato un momento breve, perché ho capito che dentro di me c'era ancora tanto da poter dare. Così è stato e nel 2017 ho vinto il mondiale.

Perciò sono soddisfatta di tutto il percorso che ho fatto e ora andrò a Tokyo per dare il massimo».

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