Chi vive di calcio vive a lungo. A lunghissimo. Joao Havelange compie cento anni. Prese il posto a capo della Fifa di Stanley Rous il quale si è spento ad anni novantuno. Tralascio Sepp Blatter che, arzillissimo a settantotto anni, ha voglia di tornare a comandare nonostante condanne varie. Se restiamo in tema giudiziario Joao Havelange rappresenta un mito, un eroe di sport e di tribunali. La sua esistenza è stata quella di un giovane brasileiro di una famiglia arrivata dal Belgio sotto il pan de Azucar, non con la valigia di cartone ma con bagagli in pelle. Suo padre, Faustino, era un trafficante d'armi, va da sé che il denaro correva facile e la vita fu bella per il ragazzo che nuotava così bene che partecipò alle Olimpiadi di Berlino ma non riuscì ad accedere alle finali dei 400 stile libero e dei 1500. Passò poi alla pallanuoto e nei Giochi di Helsinki arrivò tredicesimo con il setteverdeoro per poi guidare la rappresentativa brasiliana a Melbourne nel '56.
Si era portato avanti con il lavoro, dunque, un uomo alto di statura, austero, illustre, ricco ma così ricco che intuì che lo sport avrebbe contribuito ad aumentare il conto in banca. Incominciarono così gli affari ma anche i guai legali, infatti al principio degli anni Novanta esplose il caso olimpico: venne accusato di avere richiesto e ottenuto diamanti, attrezzature sportive, un numero tot di biciclette, dipinti, opere d'arte, porcellane preziose per agevolare la pratica dell'assegnazione dei Giochi a Barcellona. Con il football se la sbrigò alla grande, tra diritti televisivi e amenità varie, allevando Joseph Blatter come segretario generale. Non amava gli inglesi e i tedeschi e otto anni fa denunciò la truffa del mondiale del '66 e del 74: «Furono pilotati. Nelle tre partite che il Brasile giocò nel 1966 su tre arbitri e sei guardalinee sette erano inglesi e due tedeschi. La fecero finita con il Brasile, Pelé uscì con una lesione e Inghilterra e Germania arrivarono in finale, come voleva Sir Stanley Rous, l'inglese che a quell'epoca guidava la Fifa. In Germania fu la stessa cosa. Nell'incontro Brasile-Olanda, l'arbitro era tedesco, noi perdemmo 2-0 e la Germania ottenne il titolo. Eravamo i migliori del mondo ma dovevano vincere i Paesi ospiti».
Roba buona ma senza sviluppi legali. L'età gli ha portato guai fisici, infezioni alle caviglie e ai polmoni, dalle tribune d'onore agli ospedali. Ma Joao resiste, resiste, resiste. Il suo secolo è d'oro. In tutti i sensi.
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