"Ho amato tanto il Tour. Ed è giusto che la corsa omaggi il nostro Paese"

Lo Squalo e la Grande Boucle al via domani da Firenze: "Dura, ma Pogacar farà l'accoppiata"

"Ho amato tanto il Tour. Ed è giusto che la corsa omaggi il nostro Paese"
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Correva l'anno 2014 e quel che più conta correva Vincenzo Nibali, l'ultimo interprete di un ciclismo italiano che sembra essersi improvvisamente intorpidito, dopo anni di luminescenza e splendore.

Era il 28 luglio quando lo Squalo dello Stretto salì in maglia gialla sul podio dei Campi Elisi per mostrarsi e parlare al mondo. Giorni indimenticabili, che il fuoriclasse siciliano ricorda con pudore bambino.

«È stato proprio bello, quello è stato chiaramente il punto più alto della mia carriera: forse ero pronto a vincere, un po' meno a sopportare tutte le attenzioni mediatiche che si scatenarono dopo un successo di quella portata», ci racconta alla vigilia di un via del Tour dall'Italia, per la prima volta nella storia ultracentenaria (arrivo a Nizza, con una crono, il 21 luglio, ndr).

Si sarebbe mai immaginato di vedere il Tour partire dal nostro Belpaese?

«Sinceramente no, ma abbiamo storia e tradizione ed è giusto che la più grande corsa al mondo omaggi il nostro Paese: da Bottecchia a Bartali, da Coppi a Nencini, da Gimondi a Pantani».

Onoreranno anche lei.

«Un pochino anche il sottoscritto, sì».

Lei è però il testimonial del Giro d'Italia

«È una grandissima corsa, io l'ho amata a dismisura. Il Tour? È importantissimo, ma io ho sempre preferito la nostra corsa: forse perché correre sulle strade di casa mi ha sempre esaltato di più. E poi il Giro è il Giro: è il sogno che ho coltivato da ragazzino. Sognavo di vincere il Giro, mica il Tour».

La realtà come è stata?

«Meglio dei sogni: ho vinto due Giri, un Tour e una Vuelta, mica male».

Sono già passati dieci anni da quel fantastico volo sulle strade di Francia: quattro tappe vinte e un dominio assoluto.

«Ero partito con la consapevolezza di poter fare il colpo».

Le piace questo Tour?

«Tanto. Sulla carta è molto tosto e poi a livello di partecipazione è pazzesco. Il via dall'Italia è esigente, molto difficile, fin da subito».

Se fosse Pogacar, attaccherebbe subito Vingegaard?

«Assolutamente sì. E conoscendolo lo farà».

Si parte da Firenze culla del Rinascimento per arrivare a Rimini, in pianura, ma prima ci saranno da superare 3.600 metri di dislivello sui colli romagnoli.

«Sarà una bellissima tappa (si sale anche a San Marino, che diventa così la 13a nazione toccata dalla corsa francese nella sua storia, ndr) e non era mai accaduto che la frazione inaugurale del Tour fosse già così dura».

L'indomani si parte da casa di Marco Pantani, per arrivare a Bologna.

«Altra frazione frizzante con la doppia ascesa al Colle di San Luca. Come dire che quest'anno la Grande Boucle non concede margine a chi non arriva già al top».

Poi la Piacenza-Torino, per velocisti.

«Giusto dare un po' di spazio anche a loro, in ogni caso avranno a disposizione otto tappe».

La quarta tappa partirà da Pinerolo per tornare in Francia e lo farà proponendo subito uno dei giganti delle Alpi, il Galibier.

«Tappa vera, con Sestriere, Monginevro e Galibier prima di arrivare a Valloire. Qui verranno fuori subito i valori in campo».

Il favorito è Tadej Pogacar?

«Assolutamente si. Tadej non mi ha sorpreso per come ha vinto il Giro, ma per i distacchi che è riuscito a infliggere».

Al Tour potrebbe essere diverso?

«Patisce un po' il caldo e gli avversari sono chiaramente più agguerriti: non sarà una passeggiata».

Riuscirà a centrare l'accoppiata Giro-Tour che manca da Pantani 1998?

«Non solo la centrerà, ma potrebbe tentarla per diversi anni».

Ma c'è Vingegaard.

«Non lo vediamo dal 4 aprile, giorno in cui è caduto e si è procurato un sacco di fratture: difficile dare un giudizio».

E Roglic?

«È tosto, non regalerà nulla, ma credo che a livello psicologico soffra troppo Tadej».

E Remco Evenepoel?

«Ha vinto la Vuelta 2022, ma in un grande giro deve dimostrare più continuità».

Senta Nibali, il Tour festeggerà l'Italia, lei per il suo decennale non farà niente?

«Vado a fare un giro al Tour: è più che sufficiente».

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