I 120 anni del Milan e un'eredità macigno

I 120 anni del Milan e un'eredità macigno

Forse solo domenica sera, al culmine della cena di gala dedicata ai 120 anni del club, gli azionisti del Milan comprenderanno il peso della storia e della gloria finito sulle loro spalle dopo aver riscattato il pegno del cinese. Centoventi anni sono un traguardo che unisce più secoli, mette in fila milioni di fedelissimi, rilucida una sequenza unica e inimitabile di trofei alzati in giro per il mondo e schiera infine una quantità industriale di campionissimi passati dalle parti di San Siro con la casacca rossonera. «È frustante avere un fondo straniero padrone della società» chiosa in queste ore Matteo Salvini non sapendo che anche quelli di Elliott considerano frustante aver già investito una cifra che sfiora i 600 milioni senza guadagnare un solo risultato positivo, dopo aver cambiato 3 allenatori e un paio di responsabili dell'area tecnica, collezionando figurine che valgono poco persino al mercato dell'almanacco Panini. Questi giorni glaciali di dicembre milanese, appena spruzzati di bianco, ricordano non soltanto il compleanno del club nato per iniziativa di un inglese visionario ma anche una serie di coincidenze che devono far riflettere. Ieri Pierino Prati, mitico bomber degli anni 60-70, ha festeggiato il traguardo dei 73 anni rievocando negli occhi e nella mente dei più stagionati fan lo spettacolare tris di gol con cui, ispirato dal piedino di Rivera, annientò l'Ajax di Michels nella finale di coppa Campioni giocata a Madrid.

Quindici anni fa Sheva, a Parigi, regalò al Milan l'ennesimo Pallone d'oro di una collezione straordinaria cominciata con Gianni Rivera e conclusa qualche anno dopo con Riccardino Kakà. Ecco: questo è solo un pezzo della storia gigantesca del Milan per chi, a Londra o a casa Milan, non ne avesse colto la grandezza.

L'eredità del trentennio di Silvio Berlusconi è un altro macigno sulle spalle di Gazidis e i suoi collaboratori: basta aggirarsi tra i corridoi di Milanello per cogliere la straordinarietà di quel periodo magico, «i migliori anni della nostra vita» la canzone cantata spesso da Galliani e Ancelotti nelle notti dei trionfi di Montecarlo. Questa consapevolezza deve guidare le prossime mosse di Elliott per correggere tutti gli errori fin qui commessi perché, come racconta Confucio, «se vuoi prevedere il futuro, studia il passato».

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