
Tredici su tredici: in casa, finora. La Juventus ha sempre vinto. E se domenica dovesse battere la Fiorentina, aggiungerebbe un'altra perla alla sua collana eguagliando le quattordici vittorie di fila messe insieme dal Toro dello scudetto 1975/76: i granata di Radice furono costretti al pareggio solo dal Cesena nell'ultima partita di campionato e in pieno sprint tricolore con la stessa Juventus.
Claudio Sala, ovvero il Poeta del gol: che ricordi ha di quel giorno?
«Ricordi da Toro, intesi come sofferenza continua. Nel senso che scendemmo in campo con un punto di vantaggio sulla Juve, impegnata a Perugia: passammo in vantaggio con un gol di Pulici, ma poi arrivò l'autogol di Mozzini e la partita finì 1-1 in un clima di terrore. All'epoca non esistevano i telefonini e, dovendo aspettare il risultato dei bianconeri, diventammo matti: quando anche capimmo di esserci laureati campioni d'Italia, Radice non si godette il trionfo fino in fondo e noi come lui».
Addirittura?
«Avessimo battuto il Cesena, avremmo fatto 15 su 15 superando anche il Grande Torino, che nei suoi straordinari campionati vinti aveva sempre pareggiato in casa almeno una volta (1947/48, 19 vinte e un pari; 1948/49, 18 vinte e un pari, ndr). Ci rimase un po' di amaro in bocca, insomma. Del resto la storia del Toro è quella che è, piena di situazioni assurde: l'anno dopo arrivammo secondi facendo 50 punti, roba mai successa in un campionato a sedici squadre con due punti per vittoria».
E se la Juve domenica facesse 14 su 14?
«Ci raggiungerebbe dal punto di vista dei match vinti di seguito, ma per superarci davvero dovrebbe conquistare l'intera posta in palio in tutte le partite casalinghe che mancano di qui alla fine del campionato».
Le darebbe più fastidio se questo record venisse davvero battuto dai cugini piuttosto che da un'altra squadra?
«Onestamente no. Siamo consapevoli di avere fatto comunque qualcosa di grande e di avere adesso come vicina di casa una squadra troppo superiore alla concorrenza, brava a raccogliere quanto ha seminato nel corso degli anni».
Secondo lei lo Stadium rappresenta davvero un valore aggiunto alla forza della Juve?
«Sì. Quel campo regala ai bianconeri quattro-cinque punti in più a campionato. È un impianto su misura, dove davvero si sente il calore del pubblico: penso sia un campo più da Toro che da Juve. Lì dentro possono vincerle tutte».
Il suo Toro non ha però sfigurato nel derby più recente.
«Vero, ma intanto sono quasi vent'anni che non ne vinciamo uno e non so da quanto tempo manco riusciamo a segnare: certi numeri non mentono mai».
Le spiace che il Toro non abbia uno stadio tutto suo?
«Il problema è che, quando si decise che la Juve avrebbe acquistato il Delle Alpi, ristrutturandolo, il Toro era di proprietà del filo-bianconero Cimminelli che manco si sognava di opporsi a un disegno del genere. Va poi dato atto alla Juve di avere investito soldi suoi e di essersi creata un gran bel fortino. Quanto a Cairo, preferisce badare all'oggi e non investire a lunga scadenza con uno stadio di proprietà: l'Olimpico, peraltro, può anche non piacere visto che la distanza del campo dagli spalti è sempre notevole anche in assenza della pista di atletica».
Un vero granata può ammirare la Juve?
«La rispetta, per forza».
Se dovesse indicare l'uomo simbolo della creatura di Conte?
«Pirlo, senza dubbio. Li ha aiutati a crescere, dopo che per qualcuno era arrivato alla frutta».
Domenica tifa Fiorentina?
«Tiferò Toro e basta. Finalmente Cairo ha capito che per costruire qualcosa bisogna dare fiducia a un allenatore e lavorare con continuità. Avanti di questo passo, potremo toglierci qualche soddisfazione anche noi».
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