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Il 1996 di Igor Protti, il capocannoniere retrocesso

A fine stagione la sua convocazione per gli Europei sembra in cassaforte, ma Sacchi lo snobba. Stessa storia per le Olimpiadi

Igor Protti con la maglia del Bari
Igor Protti con la maglia del Bari

Quando arriva al campo d’allenamento scuote la criniera di riccioli nodosi. L’aria è mesta. L’umore rigato da pensieri tetri. Com’è possibile, si chiede Igor Protti, che alla quarta stagione consecutiva con la maglia del Bari il mister ti metta in discussione? Uno pensa di essere un punto fermo e poi, d’un tratto, si ritrova a colloquio con Beppe Materazzi che ti infilza così: “Senti, per quest’anno penso che la coppia d’attacco sarà Andersson – Guerrero”.

Che poi Kennet, lo svedesone, ci può anche stare là davanti. Anzi, quella stanga si completa a meraviglia con Igor, folletto scattoso che di qualità ne possiede a mucchi, tranne l’altezza. Certo, lui preferirebbe Sandro Tovalieri, amico fraterno con il quale ha ingaggiato un milione di battaglie. Solo che le frizioni con Materazzi – ancora lui – l’hanno spinto all’Atalanta.

Igor però non si fa deprimere. Abbassa la testa e va da subito al doppio. In allenamento spacca le porte. Addomestica l’insolente dissenso di chi lo reputa una seconda scelta. Adesso tocca al mister rassegnarsi. Deve giocare, categoricamente. E lui non se lo fa dire due volte. Alla terza giornata crivella la Lazio con una tripletta memorabile. Da quel punto in poi si issa in cima alla classifica cannonieri, per non scenderne più.

Il suo manifesto calcistico è draconiano. Protti scende in campo, cannibalizza le retroguardie altrui e porta via. Inamida di incertezze i pensieri dei difensori, perché riuscire a decodificarne i movimenti è una missione impervia. Può calciare con entrambi i piedi, da qualunque distanza. L’area è il suo antro: nello stretto è una sentenza. Segna pure di testa, a dispetto della statura.

Alla fine i centri saranno 24. Un bottino che lo decreterà capocannoniere del campionato, al fianco di Beppe Signori (che però calcia 12 rigori, contro i 5 del barese). Alle loro spalle, il naso rivolto all’insù, ci sono Enrico Chiesa (22 gol), Batistuta e Branca (entrambi fermi a 19): non certo delle educande. L’epilogo lascia tuttavia sentori amari in fondo al palato. Complice una sconclusionata fase difensiva, il Bari retrocede malgrado la devastante verve realizzativa di Igor. Galletti penosamente in purgatorio con il capocannoniere della Serie A in squadra. Roba da teatro dell’assurdo.

Protti però potrebbe deglutire la delusione con la convocazione in Nazionale. Si gioca Euro ’96 e non portarlo sembra impensabile. Arrigo Sacchi però la vede diversamente e non lo chiama mai, nemmeno per un allenamento a Coverciano. Igor è interdetto. Ci sarebbe sempre il treno delle Olimpiadi: Cesare Maldini gli fa sapere che potrebbe chiamarlo come fuori quota, ma se la gioca con Branca. Alla fine la scelta ricade su quest’ultimo.

Sovrano dei gol, retrocesso, non convocato da due Nazionali.

Sì, il 1996 di Igor Protti è stato surreale.

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