Lacrime, Ligabue, fumogeni: "Moro, uno di noi"

In seimila ai funerali di Morosini a Bergamo. Il ct Prandelli: "Di fronte a questa tragedia il calcio si faccia domande"

Lacrime, Ligabue, fumogeni: "Moro, uno di noi"

«Sono d’accordo con il medico legale quando afferma che il problema è cardiaco: Morosini ha avuto delle probabili aritmie e forse in quel caso con l’uso di un defibrillatore avrebbe avuto qualche chance in più». L’affermazione della dottoressa Cristina Basso, perito nominato dalla famiglia del centrocampista del Livorno morto allo Stadio Adriatico sabato scorso, piomba come un macigno nella giornata fredda, invernale, scura, in cui Piermario Morosini riceve l’ultimo saluto a Bergamo. Una mattina senza sole, nera come il sentimento della sua città serrata in una tristezza palpabile. La rabbia per la morte di un ex ragazzo dell’oratorio che era andato lontano per diventare un giocatore vero è trattenuta a stento.

Il viaggio e il sogno di Morosini sono finiti a venticinque anni su un campo di calcio. Bergamo è tappezzata dalle foto che ritraggono Piermario sorridente e felice. Per le strade, bandiere e striscioni. Molto prima delle undici - l’ora fissata per il funerale nella chiesa di San Gregorio Barbarigo - il sagrato del rione Monterosso è gremito da oltre 6mila persone. In chiesa, in prima fila, i familiari e la fidanzata Anna. Loro preferiscono che telecamere e giornalisti rimangano un passo indietro. Il feretro di legno chiaro è ricoperto di rose bianche e gialle e dalla maglietta numero 25 di Piermario. Il maxischermo permette a tutti di partecipare alla cerimonia.

Il pianto è incontenibile e la voce del curato dell’oratorio don Luciano Manenti - al quale è affidato il compito di officiare - è incrinata dalla commozione. Morosini lo ha visto crescere sul campetto di Monterosso, a fianco della chiesa. «Davvero Mario è nei nostri cuori. E siamo qui non solo per Mario ma con Mario. Dolce amico mio, timido compagno mio, ripartiamo da te»: sono le parole di don Luciano mentre risuonano le note di due classici di Ligabue, di cui «Moro» era un fan. All’uscita del feretro, la voglia di parlare è poca.

Cesare Prandelli fatica a trovare le parole ma lancia il suo avvertimento: «Di fronte a questa tragedia il calcio deve porsi degli interrogativi». I tifosi accendono fumogeni e salutano Morosini con il coro da stadio «Moro, uno di noi». Come merita un giocatore.

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