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La Lazio e quel no a Mussolini per restare club indipendente

Nel 1927 il partito voleva un'unica squadra dal nome RomaMa la società guidata del generale Vaccaro rifiutò la fusione

La Lazio e quel no a Mussolini per restare club indipendente

I primi della capitale, e quanto vale. Così recita uno degli inni della Lazio. Già, perché la società biancoceleste, che domani compirà 120 anni, ha da sempre il vanto di aver portato il calcio a Roma. Tanto i laziali preferirono perfino restare i primi invece di diventare gli unici: quando nel 1927 il partito fascista pianificò la creazione di una nuova squadra che portasse il nome della capitale, infatti, la Lazio, che avrebbe dovuto partecipare alla fusione di tutte le squadre che hanno poi dato origine alla Roma, fu l'unica società che decise di restare indipendente.

Non è un caso che il generale Giorgio Vaccaro, che si assunse l'onere di far sapere al partito fascista che la Lazio si sarebbe tirata fuori dalla fusione, ancora oggi per i tifosi sia un eroe: «La Lazio è Ente Morale dal 1921 per Regio Decreto - ricordò Vaccaro alle autorità fasciste -. La società ha una sua storia, non può scomparire. Se proprio vogliamo creare una nuova squadra, ben venga, ma il suo nome deve essere Lazio, i colori il bianco e l'azzurro». Per questo, in un derby di qualche anno fa, la curva laziale espose uno striscione molto significativo: «1927, vincemmo scegliendo di non essere voi».

Nei suoi 120 anni di storia (che Lotito insieme con la squadra festeggerà stasera, in attesa della mezzanotte, cenando dentro una sala della centralissima Castel Sant'Angelo) la Lazio ha vissuto di alti e bassi: la squadra forte, per molti decenni, è stata la Roma, inizialmente anche sostenuta dal regime fascista (nel 1942 i giallorossi vinsero lo scudetto perché diversi loro giocatori chiave vennero esentati dalla guerra, a differenza degli atleti delle altre squadre). Anche per questo a Roma i laziali sono sempre stati in minoranza, ed ecco perché il popolo biancoceleste ha sempre avuto bisogno di uomini carismatici a rappresentarlo: da Silvio Piola, miglior marcatore della storia della Serie A (290 reti) e anche della Lazio (159 gol in totale), Giorgio Chinaglia, bomber del primo scudetto (1974), Bruno Giordano. Uomini anche controversi, legati, in taluni casi, anche ad eventi di cronaca (Giordano venne squalificato per il calcio-scommesse, Chinaglia fu condannato per bancarotta da presidente del club), ma ai quali i laziali saranno comunque eternamente grati. Lo dimostra la storia di Pino Wilson e Giancarlo Oddi, difensori (il primo era anche capitano) della prima Lazio scudettata che ancora oggi hanno una loro trasmissione in radio. A loro i tifosi che chiamano dimostrano sempre massimo rispetto e riconoscenza, tanto che si rivolgono a loro con appellativi quali «Capitano» (rivolto a Wilson) e Mister (Oddi).

Dopo le difficoltà degli anni Ottanta, quando la Lazio si salvò allo spareggio dalla retrocessione in C, ci ha pensato Sergio Cragnotti a prendere per mano la squadra e a portarla, per qualche mese, al primo posto del ranking Uefa grazie alle vittorie di Coppa delle Coppe, Supercoppa Europea, scudetto e altri titoli nazionali. Negli ultimi 15 anni al comando del club c'è Claudio Lotito, che con una gestione particolarmente strategica e oculata è riuscito a evitare il fallimento, portando comunque altri 6 titoli in bacheca. Dal 2019 appena terminato la Lazio, grazie alla Coppa Italia vinta a maggio e alla Supercoppa conquistata a dicembre, per la prima volta nella storia vanta più titoli della Roma (16 a 14). Vincere però per il laziale non è mai stato fondamentale. Prevale l'orgoglio di essere i primi della capitale. E quanto vale..

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