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Mondiali di ciclismo: le pagelle degli Azzurri e dei protagonisti della corsa

La vittoria "mondiale" di Kwiatkowski è da 10, un vero capolavoro. Valverde si conferma atleta incompiuto, sempre ad un passo dal successo ma mai vincente al Mondiale. La prima Italia di Cassani illude, fa la corsa ma poi non concretizza. Ecco le pagelle iridate di Ponferrada

Podio senza Azzurri, ma Cassani getta le basi per il futuro
Podio senza Azzurri, ma Cassani getta le basi per il futuro

Mondiale di ciclismo in archivio ed ecco le immancabili pagelle.

Kwiatkowski, 10: era dato in grande condizione alla vigilia, ma sapeva bene che per battere i favoriti avrebbe dovuto anticiparli. Facile a dirsi, meno a farsi. Invece il Polacco fa tutto alla perfezione: mette al lavoro la squadra in blocco nella prima parte di corsa, poi parte a 6 km. dall'arrivo e gli avversari lo rivedono quando è troppo tardi e lui sta già esultando sul traguardo. Campione iridato a 24 anni, davanti un futuro luminoso.

Gerrans, 8: uno fra i più attesi, non delude. Corre coperto, con un unico obiettivo nella testa: la volata ristretta. In questo modo è stato in grado di vincere una Sanremo e una Liegi. Purtroppo per lui non fa i conti con Kwiatkowski, variabile imprevista. Alla fine c'è, la volata ristretta la vince ma vale soltanto per la medaglia d'argento.

Valverde, 6: il suo voto ricalca il numero di podi nei campionati del Mondo. Sei, mai un trionfo. Valverde è sempre lì, ma la maglia iridata finisce ogni volta addosso a qualcun altro. Interpreta la gara a modo suo, ovvero in maniera sparagnina, ben nascosto, mai una pedalata di troppo. Quando decide di muoversi è troppo tardi, Kwiatkowski è già andato via. Conclude il mondiale di casa con un bronzo, beffato sulla linea pure da Gerrans.

Breschel, 7: con i Mondiali c'è un certo feeling. Nel corso dell'anno si vede poco e pure oggi le inquadrature televisive nelle quali rientra si possono contare sulle dita di una mano. Eppure è presente in quella decisiva, sul traguardo: quarto, vicinissimo alle medaglie. Sente l'atmosfera iridata e non tradisce.

Van Avermaet, 6: avrà molto da recriminare, perché la gamba c'era e poteva contare su un gregario di lusso come Gilbert. Gli scappa Kwiatkowski e alla fine deve accontentarsi del quinto posto, un risultato deludente per uno che aveva ambizioni di medaglia. Ha corso bene, però, restando sempre nelle posizioni giuste pure nel finale, quando la corsa si è accesa.

Degenkolb, 5: il grande favorito della vigilia, tutti facevano il suo nome per l'arrivo di Ponferrada e molti già lo vedevano nuovo campione del mondo. La pioggia e la tattica dell'Italia, però, rendono la corsa un po' troppo dura per lui, che nel finale non riesce a stare davanti. Chiude nei primi dieci, ma è ben poca cosa per uno che puntava all'iride.

Italia, 6.5: una media fra l'8 per l'interpretazione della corsa e il 5 per il deludente finale. È piaciuta la mentalità e il modo di correre degli Azzurri, unici ad animare una gara altrimenti piuttosto piatta. Il piano studiato dal ct Cassani era buono, ma proprio sul più bello i suoi ragazzi sono mancati. Nessuna maglia azzurra davanti con i migliori, e un 13° posto finale ben al di sotto delle aspettative. Niente risultato, ma questa squadra ha avuto cuore.

Colbrelli, 6: sufficienza stiracchiata per il miglior Azzurro sul traguardo. Segue le direttive del ct, rimanendo coperto fino all'ultimo in preparazione della volata conclusiva. Quando deve seguire le ruote dei migliori, però, non c'è e rimane irrimediabilmente indietro. Vale comunque la pena insistere su un corridore che ha ampi margini di crescita e nei prossimi anni potrebbe tranquillamente lottare per una medaglia.

De Marchi, 7: il migliore degli Italiani, senza dubbio. Il solito coraggio nell'andare all'attacco, la solita forza nel resistere in fuga e orchestrare anche tatticamente l'azione (suggerisce ai compagni di aspettare un passistone utile come Kiryienka). Il suo compito lo svolge nel migliore dei modi, non gli si poteva domandare di più.

Cassani, 7: degno erede di Alfredo Martini. Allestisce un'Italia da battaglia e i suoi uomini sono i soli che provano a rendere dura la corsa, con continui attacchi che fanno selezione. Gli manca il finalizzatore, e infatti la Nazionale si smarrisce sul più bello, senza uomini nell'azione decisiva. Si ha la netta sensazione, però, che abbia gettato solide basi per il futuro, con l'augurio che i percorsi degli anni a venire non siano semplici come quello di quest'anno.

Nibali, 5: avrebbe dovuto essere la nostra prima punta, ma la condizione era lontana anni luce da quella del Tour. Inoltre cade ancora all'inizio, l'ennesimo scivolone di questa seconda parte di stagione un po' sottotono. Il mondiale non era nei suoi programmi, e si vede. Il suo contributo è stato davvero minimo.

Cancellara, 5: aveva rinunciato alla prova a cronometro per puntare tutto su quella in linea. Non pervenuto, in sostanza. L'oro mondiale rischia di diventare un'ossessione. Si vede pochissimo in gara, come se stesse risparmiando energie per il finale. Invece non ne ha proprio e termina addirittura fuori dalla top ten, 11°. Troppo poco per un campione della sua stoffa.

Sagan, 4: senza dubbio la delusione di giornata. Il suo 2014 è da dimenticare e al Mondiale la tendenza rimane la stessa. Non si vede mai nelle posizioni che contano e resta fuori dai giochi pure nel finale. A questo punto meglio staccare la spina, andare in vacanza e ricominciare da zero l'anno prossimo nella nuova squadra.

Percorso, 5.5: troppo semplice, reso più selettivo solo dalla pioggia e dalle tattiche di alcune squadre (vedi soprattutto l'Italia). Si poteva osare un po' di più, ma alla fine ne è uscita fuori una corsa vivace, con un campione del mondo degnissimo.

Froome, 3: bocciatura sonora per l'anglo-kenyano. Nessuno si aspettava di vederlo vincere, ma almeno creare un po' di scompiglio in salita con le sue "frullate".

Invece nulla, invisibile e si ritira ad una quarantina di chilometri dall'arrivo.

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