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Il nostro calcio è malato Ma va meglio dell'Italia

Nella stagione 2015-16 ridotte le perdite del 31% In crescita i ricavi da diritti tv. Ancora pochi stadi

Sergio Arcobelli

Un'Italia malata, ma in via di guarigione. È quello che scaturisce dalla pubblicazione di ReportCalcio, studio della Figc sviluppato in collaborazione con Arel (Agenzia di Ricerche e Legislazione) e PwC (PricewaterhouseCoopers) che analizza lo stato di salute del calcio italiano.

Secondo i dati presentati ieri mattina a Roma, in base al campione della stagione 2015/2016, la perdita netta del calcio italiano è pari a 372 milioni di euro, un dato comunque ridotto del 31% rispetto al campionato precedente, quando il rosso si era attestato a 536 milioni. Per quanto riguarda la sola Serie A, la perdita è di 250 milioni rispetto ai 379 milioni della stagione precedente (-34%).

Cifre che testimoniano un netto cambio di passo, ma guai ad esultare. C'è ancora da lavorare. «Un anno fa il calcio italiano aveva bisogno di antibiotici potenti, oggi ci vuole solo un po' di aspirina e tachipirina», questo il commento del presidente della Figc, Carlo Tavecchio, confermato di recente, con il 54,03% dei voti (contro il 45,97% dello sfidante Abodi), n°1 della Federazione italiana per il quadriennio 2017-2020. «Dopo tutto quello che si era paventato in passato siamo in crescita. Ora abbiamo dei crediti nei confronti delle istituzioni europee, che ci stanno dando delle possibilità, come le partite di Euro 2020 e l'organizzazione dell'Europeo under 21 (nel 2019, ndr)». Infine Tavecchio fa una promessa: «È ora di raccogliere quello che prima era difficile ottenere, entro due o tre anni avremo dei risultati». Staremo a vedere.

«Il calcio cresce più del Pil nazionale» ha rivelato il direttore generale della Figc Michele Uva. Una spiegazione tutt'altro che confortante visti i tempi che corrono... ma «i segnali ci sono e dobbiamo lavorare molto sui ricavi». Serie A che, nella classifica europea, è al quarto posto per i ricavi dei club, con introiti medi di 95,2 milioni di euro contro i 220,2 milioni dei club inglesi, i 134,5 milioni dei tedeschi e 102,5 milioni di quelli spagnoli, seppur davanti alla Francia. In crescita, e questo trend continuerà anche in virtù dell'apertura al mercato estero soprattutto in Asia, i ricavi da diritti media passati da 1.091 a 1.153 milioni di euro (+5,7%), gli introiti da sponsor e attività commerciali sono invece passati da 409 a 466 milioni (+13,8%) e i ricavi da stadio da 262 a 270 milioni, +3,3%.

Altro aspetto peculiare, poi, è quello che riguarda il gettito erariale delle scommesse. Oltre 132,5 milioni di euro, tanto hanno garantito all'erario, nel 2016, le scommesse sportive. Una cifra record in Italia se si considerano gli ultimi nove anni. La raccolta complessiva ha sfiorato nel corso dell'anno gli 8,3 miliardi di euro (le scommesse sul calcio incidono da sole per il 73,7 percento della raccolta totale).

Tra le note dolenti, il confronto con le realtà europee sugli stadi. «Negli ultimi 10 anni sono stati fatti in Europa più di 165 impianti, in Italia solo 3». Una percentuale irrisoria per un Paese che vuole crescere.

Adesso spetta a tutte le società capire che bisogna investire: un giocatore in meno ma uno stadio in più per fare la differenza.

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