Roma - L'attesa era grande, alla fine resta un pizzico di delusione. Anche se quel gol sui titoli di coda del baby uruguaiano Nico Lopez, pescato da Sabatini nel Montevideo all'inizio della scorsa stagione e «parcheggiato» in Primavera, regala quanto meno un sorriso.
Zdenek Zeman non può essere pienamente contento della sua «prima» Roma dopo tredici anni, come non può esserlo il pure entusiasta pubblico dell'Olimpico. Il Catania rischia di rovinare il ritorno nella Capitale del boemo, l'esordiente Maran sta per prendersi una sorta di «vendetta» a scoppio ritardato sul boemo (Zeman lo sostituì nel 2006 sulla panchina del Brescia) e di fare l'impresa all'Olimpico. Meno male che Osvaldo inventa un gol in acrobazia da far spellare le mani (rivincita di quello annullato ingiustamente l'anno scorso) e il ragazzino ex Nacional si «permette» di sostituire l'infortunato Totti (contusione alla caviglia) e salvare i giallorossi in extremis.
La prima di campionato rimane stregata per la Roma, senza vittorie dal debutto del 2007 (2-0 a Palermo), ma almeno non arriva un clamoroso ko che avrebbe subito ridimensionato le ambizioni della Roma zemaniana. I siciliani ripartono sulla scia del bel campionato disputato fino al maggio scorso con la guida tecnica di Montella (ieri sulle tribune dell'Olimpico anche l'ex allenatore etneo Mihajlovic). Di sicuro il Catania resta tabù per Zeman: mai una vittoria in carriera, nemmeno negli incroci con Avellino e Salernitana.
Nella serata delle grandi suggestioni oltre che di gran caldo (30° e un tasso altissimo di umidità), in cinquantamila accolgono il ritorno del vecchio amico boemo, chiamato a far dimenticare in fretta la breve ma deludente parentesi in panchina di Luis Enrique. In un campionato che ha perso assi ed entusiasmo, il clima che si respira nella Capitale sponda giallorossa è in controtendenza. Zeman appare, se non commosso, quanto meno emozionato per l'abbraccio dei tifosi romanisti. «Mi sento a casa, piazze come queste non ce ne sono», il refrain del tecnico di Praga. Anche se le cose in campo non vanno come dovrebbero. I lavori a Trigoria dovranno proseguire per assemblare questa Roma giovane, talentuosa e volenterosa ma ancora arruginita in qualche meccanismo.
«Ci danno già per retrocessi, facciamogli vedere che non è così», il grido di battaglia nello spogliatoio del Catania colto dalle telecamere di Sky pochi minuti prima dell'ingresso in campo. La marcia di avvicinamento a questo campionato era stata difficile: il divorzio annunciato da Montella, quello traumatico con il ds Lo Monaco, i guai extracalcistici (leggi vicenda Wind Jet) del patron Pulvirenti. Ma l'impatto dei siciliani con il campionato è ottimo: ottima prima frazione con baricentro alto, palla a terra e grande intelligenza nello sfruttare gli ancora imprecisi movimenti della difesa giallorossa. Per di più due volte in vantaggio con Marchese (siciliano di Caltanissetta, due gol alla Roma dei 4 segnati in A, ma la rete è in fuorigioco) e l'attivissimo argentino Gomez, ancora in stato di grazia come nell'ultima stagione.
Rolando Maran, l'anno scorso protagonista con il Varese in B e promosso da Pulvirenti su una panchina della massima serie, prepara tatticamente benissimo il match, così la Roma abituata a giocare con due-tre tocchi fatica a costruire gioco. Pochi gli inserimenti dei due interni (Pjanic e Bradley), troppo larghi Totti, che comunque regala qualche fiammata, e Lamela.
Meglio la ripresa, con il palo di Osvaldo che poi infiamma l'Olimpico con una splendida rovesciata e la parata di Andujar sulla punizione di Lamela.
Poi la paura con il gol di Gomez, infine l'invezione del ragazzino Lopez, in campo da 5 minuti. Insomma, la solita squadra da alti e bassi di Zeman. Che si dice «non ossessionato dalla vittoria e con la voglia di fare solo calcio». Avrà ancora da lavorare.