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Colpo di scena su Pantani: riaperto il caso

Il fascicolo sulla morte di Pantani è stato aperto contro ignoti dopo l’invio nel 2019 in Procura da parte della commissione parlamentare antimafia di un’informativa sulla vicenda

Colpo di scena su Pantani: riaperto il caso

La morte di Marco Pantani continua a tenere banco nonostante siano passati quasi 18 anni. Per la terza volta, infatti, è stata aperta un’inchiesta sulla scomparsa del Pirata, avvenuta a Rimini il 14 febbraio del 2004. "Siamo in una fase di riserbo massimo", ha dichiarato l’avvocato Fiorenzo Alessi che segue la famiglia dell’ex campione del Giro d'Italia e del Tour de France. Il fascicolo è stato aperto contro ignoti dopo l’invio nel 2019 in Procura da parte della commissione parlamentare antimafia di un’informativa sulla vicenda. La madre del ciclista, Tonina Belletti, che si è sempre battuta affinché fosse fatta giustizia, è già stata ascoltata. Nel 2016 l’inchiesta bis fu archiviata escludendo l’omicidio.

La lotta di Tonina

Sulla morte di Pantani ci sono sempre stati tantissimi dubbi con la madre Tonina che ha sempre combattuto per sapere la verità sulla scomparsa del figlio. Il Pirata fu trovato morto il 14 febbraio del 2004, nel giorno di San Valentino, in un albergo di Rimini e le cause del decesso sono riconducibili ad un overdose, una intossicazione acuta da cocaina e psicofarmaci antidepressivi, con conseguente edema polmonare e cerebrale. Mamma Tonina si sta battendo da quasi 18 anni per far venire a galla la verità sulla morte del figlio dato che in molti credono che in realtà Pantani sia stato ucciso.

La mamma dell'ex campione di ciclismo si era espressa così nel salotto di Mara Venier ricordando il figlio e attaccando: "Io ho tanti dubbi. Sono sempre più convinta che me lo abbiano ucciso. Marco amava troppo la vita. Lui cantava al karaoke in casa fino agli ultimi giorni della sua vita. Era una persona tranquilla. Mi ha dato fastidio che ne dicessero di ogni su di lui. Per distruggere Marco bastava ferirlo nel suo orgoglio. Marco non ha mai accettato quella sua squalifica, perché accusato di doping. Quello era un esame sulla sua salute, non era il test per il doping. Quell'esame era richiesto da una legge voluta dai ciclisti.

Perché certi ciclisti correvano con un certa densità del sangue che può causare problemi cardiovascolari".

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