Pittin-Merighetti, che “legnata”. "Per favore, il quarto posto no"

L'urlo di entrambi. L'azzurro: "Fa male perché so cosa si prova con la medaglia". E Daniela a 27/100 dall'oro e 17 dal bronzo: "Così non vale niente e brucia tanto"

Pittin-Merighetti, che “legnata”. "Per favore, il quarto posto no"

Sochi - «Uno che arriva quarto ci deve ben essere, ad ogni gara, stavolta è toccato a me». A tre ore e qualche chilometro di distanza, dal parterre della discesa all'affollata zona mista nello stadio del salto, le parole di Daniela Merighetti e Alessandro Pittin sono esattamente le stesse. In effetti c'è poco da dire quando si arriva quarti all'olimpiade, nello sci qui era già toccato a due grandissimi, Aksel Lund Svindal e Tina Maze, e anche loro avevano pronunciato la fatidica frase. Due medaglie sfiorate in un giorno, dopo il quarto posto della Oberhofer nel biathlon e il quinto della Insam nel salto, fanno male al medagliere azzurro, sempre fermo all'argento e al bronzo di domenica.

Quelli di ieri sono due "legni" molto diversi e non solo perché presi in due sport che non hanno nulla in comune. La fatica di Daniela è durata, centesimo più centesimo meno, un minuto e quarantadue secondi, quella di Alessandro molto ma molto di più, perché dopo il salto dal trampolino la sua solita straordinaria rimonta nel fondo ha emozionato per quasi 23 minuti. Fantastico lui, bravissima lei, finita a 27/100 dalla vittoria e a 17 dal bronzo nonostante un errore nello schuss finale, quel tratto di pista provato solo una volta nella gara della supercombinata. «Brucia, fa male, ma se penso che ho passato tre giorni a letto col ghiaccio sul ginocchio mentre le altre sciavano e provavano questa pista così difficile allora mi dico brava. Fosse coppa del mondo sarei felice, qui invece il 4° posto non vale nulla. Dopo che la Riesch mi era finita dietro ho sperato per un attimo nel bronzo, ma è durata poco, la Maze ha fatto una gara perfetta».

Grande Daniela, ma che dire allora di Alessandro Pittin? Dopo il salto il suo distacco dal tedesco Frenzel, al comando, era di un minuto e 12, «un po' troppo forse, ma stavo bene e dovevo provarci». Ed eccolo il piccolo "pitbull" all'inseguimento della preda, in pochi chilometri da venticinquesimo è già terzo e lì, forse, commette l'errore fatale. «Ho visto i primi due vicini, ho pensato di andare a prenderli». Non trovando collaborazione nei norvegesi che gli stavano addosso però Ale ha capito che da solo non poteva farcela e ha ripiegato sull'arrivo in volata, secondo la strategia studiata e provata in allenamento. «Purtroppo la pista era troppo stretta per i sorpassi, uno dei norvegesi mi ha passato e mi sono accodato a lui senza rendermi conto che l'altro, da dietro, stava scattando. Non sono stato pronto a seguirlo e lì ho perso il bronzo. Nella discesa che portava allo stadio mi dicevo “no! quarto no, per favore no!” ma mi sentivo impotente e anche le gambe erano pesanti, avevo tirato tanto prima per recuperare e sull'ultimo rettilineo, troppo corto, non ho avuto chance».

Ed eccoli, a sera, Daniela e Alessandro nel piacevolissimo caos di casa Italia a Rosa Khutor, fra crespelle squisite e dolci irresistibili, si regalano una golosità per consolarsi. Ale ha le gambe a pezzi, Dada invece è contenta perché il dolore al ginocchio sta diventando un ricordo. «Tu almeno la medaglia l'avevi già vinta quattro anni fa» gli dice, «appunto, è ancora più dura perché so cosa mi sono perso».

Arriva Tina Maze col suo oro al collo, Dada fa un brindisi con lei, applausi per tutti, mentre il presidente del Coni Malagò e quello della Fisi Roda ripensano alla giornataccia: «Siamo stati allo sci, poi alla combinata, poi allo slittino… belle gare, bravi ragazzi, bei risultati, ma il cuore non è bastato». Per fortuna l'umore è buono, l'ambiente festoso… e l'olimpiade non è finita.

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