Prandelli tra codici e croci per un'Italia a prova di tweet

Preoccupano le chiacchiere sui social e le eventuali intemperanze di Cassano e Balo Il ct: "Vogliamo arrivare in fondo. La resistenza c'è, dobbiamo recuperare la forza"

Prandelli tra codici e croci per un'Italia a prova di tweet

nostro inviato a Firenze

Scortato dagli sguardi di Lippi, Bearzot, Valcareggi e Pozzo, presenze silenti appese al muro della sala conferenze, e rappresentate nelle meravigliose gigantografie dei momenti d'oro, l'ennesimo ct azzurro-speranza della storia del pallone nostro ha cominciato la serie delle filastrocche sul «saremo» e «non saremo», «faremo» e «non faremo». Un solo pensiero a correre nei sogni: «Siamo qui per arrivare alla finale». Ma quale commissario tecnico della nazionale d'Italia non ha mai avuto l'obbligo di dirlo, pensarlo, provarci? Cesare Prandelli conosce il bon ton del codice azzurro (lasciamo perdere quello etico) e se, qualche volta, fa confusione nella scelta dei moduli e dei giocatori, non altrettanto gli capita nella gestione di toni, moti dello spirito e parole acchiappa applauso. Per esempio, la conclusione dei suoi discorsi di ieri: «Ragazzi, ci vuole entusiasmo ogni giorno: siamo qui per andare a un mondiale, non per andare a lavorare». Che poi vada in controtendenza con il famoso «chi non lavora, non fa all'amore» di Adriano Celentano potrebbe risultargli utile per limitare certo tipo di tendenze dei suoi prodi. Capitan Buffon, per esempio, proprio ieri ha svelato i sensi della sua privacy un po' chiacchierata.

Ma questa è l'Italia che andremo tutti a seguire, e magari inseguire, nelle lunghe traversate delle foreste brasiliane tra pericolo di febbre dengue e voglia di febbre da gol. Ieri, fuori, nel sole di Coverciano spumeggiava un leggero venticello, i campi verdi sentivano lo scalpiccio delle scarpe arancione fosforescente della nostra orgogliosa (Prandelli dixit) trentina. Il caldo non picchiava, ma il ct ha ricreato situazioni da sauna, usato rilevatori di pressione e battito cardiaco per raccogliere dati e impressioni. Eppoi ripartire da altro tipo di impressioni. Che fare con Balotelli e Cassano? Si parla di comportamenti fuori campo, le due croci preventivabili, oltre al problema delle chiacchiere sui social network. E qui la risposta non è armata, ma chiede un po' di ragionevolezza. Dice: «Spero di accorgermi in tempo se qualcuno non ci può stare». C'è tempo fino al 2 giugno, ma non riesce a dire: chi rompe, fuori. È più soft: «Voglio sia messo da parte l'Io e si pensi al Noi: alla squadra. Tutti dobbiamo essere consapevoli che pochi minuti possono lasciare il segno».

Per Cassano c'è un debole che induce a pensare ad una promozione. «L'ho trovato sereno, si è rimesso in gioco ed ha vinto. Ha capito che era l'ultima occasione importante». Con Pepito Rossi il discorso infila qualche dubbio: «Ha talento e qualità straordinaria. Ha dimostrato il carattere dei campioni, un esempio. Anche lui ha già vinto, ma non voglio mettergli pressione. Bisognerà vedere se riuscirà ad ottenere una condizione superiore nel giro di pochi giorni». Questione fisica, troppe incognite. I primi risultati dicono che la squadra c'è sul piano della resistenza, deve ritrovare la forza. «Ma quella è la prima che si riacquista con un po' di grandi fatiche». L'aspetto fisico varrà come parametro principale per le sette esclusioni. Poi l'idea di gioco: «Non ho convocato Gilardino o Toni perché cercheremo di manovrare in modo diverso: un messaggio per i 7 attaccanti».

Per tutti, invece, varrà il solito dileggiato codice etico e il novello codice-social. Prandelli e la squadra discuteranno e parleranno. «Poi vi faremo sapere». Il ct vorrebbe silenzio per un mese. «Ma non possiamo obbligarli», ha spiegato Demetrio Albertini che, sull'argomento, sarà impegnato allo stremo per arginare intemperanze vaganti, tra Twitter e facebook, e che potrebbero arrivare anche da mogli e parenti al seguito.
A proposito di intemperanze, il ct si è scusato con Criscito per l'infelice battuta («Non mi sembra di avere un Maldini o un Cabrini») e ne ha aggiunta un'altra a beneficio di tutti: «Non mi pare di avere lasciato a casa finalisti di Champions». Per ora ironia sostenibile, poi sarà più dura passarla liscia, perché, a fronte di ogni grande o piccolo amore per l'azzurro, il ct ha osservato che «in Italia siamo divisi su tutto, ma uniti contro l'Istituzione. E il sottoscritto e la federazione rappresentano l'Istituzione». Felice osservazione a difesa dei suoi pastrocchi sul codice etico e nel ribadire la posizione sul caso Chiellini.

Tanto da raccontare un sogno: «Ho visto tre squadre massacrate per 3-4 gomitate rifilate a partita. Invece la nostra immacolata. Che bello, giocavamo a calcio! Poi mi sono svegliato». Ed ha capito. Meglio sogni un angelo goleador. Chissà mai che i sogni si avverino.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica