"Prestazioni estreme e troppe sfide: così il tennis diventa sport usurante"

L'esperto Ermanno Rampinini: "Squilibrio tra fatica e recupero"

"Prestazioni estreme e troppe sfide: così il tennis diventa sport usurante"
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Un tempo si parlava di gomito del tennista, perché quello era uno dei pochi problemi che potevi incontrare nella pratica del tennis. Oggi gli infortuni non solo si contano a decine, ma sono ampi e complessi e vanno dalla testa (stress) allo scheletro, per finire alla muscolatura. Sul perché di questi frequenti incidenti abbiamo coinvolto Ermanno Rampinini, direttore operativo e responsabile del laboratorio di fisiologia del Sport Service Mapei, da sempre al fianco del Sassuolo calcio e della nazionale di sci alpino maschile e femminile, così come è vicino all'Inter e al team Yamaha di SuperBike.

Che idea si è fatto: il tennis è diventato uno sport molto usurante.

"Anche il tennis, nonostante abbia una elevatissima componente tecnica e psicologica nel determinare la prestazione, comunque ha anche una grossa componente fisica e non è immune da guai fisici".

Le intensità tendono ad aumentare, così come i colpi.

"Esattamente, e questo porta ad un incremento della sollecitazione del carico che viene a generarsi. Una prestazione tanto più è estrema e tanto più ha il rischio di andare in direzione del sovraccarico. Più richiedi prestazioni e meno ti alleni".

Quindi meno recuperi.

"Se giochi tanto è più difficile allenarsi e il recupero è l'altra faccia della medaglia. È come una bilancia: da una parte c'è l'allenamento, dall'altra l'intensità della prestazione. Meno allenamento più intensità uguale più fatica. Quindi, meno allenamento più fatica".

Quale soluzione?

"In un mondo ideale bisognerebbe rispettare di più i tempi che ci detta la natura. Quindi gli atleti devono ottimizzare il loro tempo di allenamento e recupero. Per qualità del recupero s'intende anche il sonno e la nutrizione. Riuscire a dormire è fondamentale. I tennisti sono perennemente in giro e questo genera loro stress".

Quindi un Sinner che rinuncia ad andare a Sanremo non è un capriccio.

"Assolutamente no. Guai a fare passare il messaggio che questi ragazzi sono capricciosi. Sinner non ha rinunciato solo a Sanremo, ma giustamente anche a giocare in orari che sarebbero indicati al riposo.

Domenica ho sentito un dialogo tra il muretto Mercedes e un suo pilota: ok credere in te, ma occhio a non suicidarsi. Bene, se questa è una metafora è applicabile a tutti gli atleti di alto livello, non solo ai piloti di F.1".

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