RomaQuestione di progetti. Uno americano che non ha mai veramente ingranato e che ora rischia la deriva, un altro italianissimo che fa sognare il salto in Champions League. Sorridono la capitale di fede biancoceleste e il suo condottiero Edy Reja che per la sua esultanza incontrollata di domenica avrà sorpreso anche il suo grande amico Capello. Si interroga quella di fede giallorossa, specie sul lavoro di Luis Enrique.
La Lazio alza lasticella dopo i giorni turbolenti in cui si scommetteva già sul nome del nuovo tecnico. Dal fax di dimissioni e allimbarco controvoglia sullultimo aereo europeo della stagione per Madrid si è passati alla pace e alle parole al miele tra società, tecnico e direttore sportivo. Fino al gol di Mauri che ha spezzato dopo 14 anni il tabù «trasferta» nel derby. «Abbiamo concordato con il presidente Lotito che il mio rapporto con la Lazio continuerà anche negli anni a venire, basta che ci sia sintonia con gruppo e società», la sottolineatura di Reja.
Persino uno misurato come lui ora vola alto. «Alla Lazio non manca niente per puntare allo scudetto - le parole bellicose del tecnico goriziano -. Una squadra come noi che va a pareggiare a Milano e che vince in casa lo scontro diretto può crederci. Certo, il Milan è più difficile da poter raggiungere, ha una rosa adeguata e ottimi solisti. Ma abbiamo la Juve a tiro, so che sono grandi squadre, ma noi ci auguriamo di fare bene e vincerle tutte. Limportante sarà recuperare tutti i giocatori e credere nelle nostre possibilità». «Ce la giocheremo con il Napoli per il terzo posto - frena il ds Tare - basterà non abbassare la guardia».
A Trigoria quel -10 dai «cugini» ha fatto talmente male che ora i tifosi cominciano a mostrare segni di insofferenza. Il primo, la minicontestazione andata in scena domenica sera. «Vada da unaltra parte a fare scuola guida - laccusa mossa sui social network a Luis Enrique -. Se a fine partita il suo commento è stato "non so cosa ho fatto per meritare questa m...", noi che dobbiamo vedere questo scempio che dovremmo dire?». Ma nelletere romano ce nè per tutti, compresi i dirigenti: «È da agosto che perdiamo, il progetto è fallito prima di cominciare», il leitmotiv che ribalza tra le emittenti. Nelle quali la domanda retorica posta alla proprietà a stelle e strisce è: «Progetto in mano a gente sopravvalutata, soldi spesi male, giocatori buoni mandati via, un allenatore non allaltezza: può bastare per chiamarlo fallimento?».
Luis Enrique non getterà la spugna («vorrei finire la stagione», il suo proclama nella pancia dellOlimpico) ma cè più di un dubbio sulla conferma per il secondo anno di contratto. E dopo il ko nel derby, è arrivata la tegola Juan. Non erano bastati i miserabili cori razzisti rivolti al difensore brasiliano (e costati 20mila euro di multa alla Lazio), ora cè anche una lesione di secondo grado al collaterale del ginocchio che lo terrà lontano dai campi per 50 giorni. Oggi il ricorso contro la seconda giornata di squalifica per Osvaldo, se non sarà accolto sarà emergenza anche a Palermo.
Larrivo a Roma a metà aprile di James Pallotta permetterà al socio forte del consorzio Usa di prendere in mano la situazione che sembra sfuggita di mano ai diretti protagonisti. Sperando che, svaniti tutti gli obiettivi stagionali, non ci sia un tracollo della squadra.
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