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"È il settimo Mondiale ma sono come il vino: punto ai Giochi 2026"

Intervista a Federico Pellegrino, il veterano degli azzurri oggi nella sprint: "Adesso da neo papà tutto è più intenso"

"È il settimo Mondiale ma sono come il vino: punto ai Giochi 2026"

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"È il settimo Mondiale ma sono come il vino: punto ai Giochi 2026"

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«Va bene se proseguo a 25 all'ora?».

La linea è disturbata che è un piacere: il ritmo della chiacchierata lo danno gli sci di Federico Pellegrino, in allenamento verso Planica e un nuovo Mondiale al via oggi.

Se non scia, Chicco, viaggia in van, dove ha caricato moglie, ciucci e baby Alexis, che già cresce da vero pellegrino dei monti, al seguito di papà: «Scriva che assomiglia ai nonni, mi raccomando! Sembra quasi una delle partenze per le vacanze di quando ero piccolo con i miei».

Per il settimo mondiale la medaglia più bella, più che al collo, ce l'ha in braccio, ed è arrivata due mesi fa...

«Sarà il primo mondiale da papà: Alexis e Greta sono venuti con me, prima a Dobbiaco dove abbiamo rifinito l'allenamento, poi a Planica. Già dopo Pechino avevo cambiato marcia. Prima ero metodico, concentrato. Ora tutto è più intenso. Alexis mi ha già aiutato a ridisegnare le priorità nella vita e Greta è mamma stupenda, già ci capivamo prima, essendo entrambi atleti, ancor di più ora».

Si sente un po' anche papà di questa nazionale?

«Non come età, ma come partecipazioni (e risultati ndr), sono un veterano di 30 anni!».

La vittoria nella staffetta di Dobbiaco, storica dopo 16 anni, ha cementato il senso di squadra?

«È stato stupendo: era il format più recente 4x7,5 Km, quindi c'è ancora da lavorare per restare competitivi nelle canoniche frazioni da 10 km, ma questa è la strada giusta. Che bello vedere dietro tutta la Scandinavia».

Già come nel poker d'assi degli anni 90 e di Torino 2006. Anche in classifica overall la sua bandierina italiana, è terza, in una selva di nordici.

«Sono fiero per tutti: l'Italia del fondo non andava così a podio con tre atleti nelle individuali e due volte in staffetta dal 2010. Consideriamo pure che i russi non ci sono, ma credo che avrebbero faticato. Oltre ai norvegesi con Klaebo che punta a vincere tutto, vedo la Francia e delle belle individualità fra gli svedesi. Poi però possiamo dire la nostra».

Con i russi vi eravate allenati in particolare lei e De Fabiani, nel primo anno della gestione di Markus Cramer. Ora come va?

«Sono molto felice che Cramer, nonostante le molte richieste, abbia sposato la nostra causa. Ora è coach di tutta la nazionale. Il suo metodo è quello di cui ho bisogno anche per gestire la longevità sportiva. È la mia 14sima stagione, prima pianificavo per quadrienni, ora di anno in anno».

Che cos'è cambiato?

«Si sta più tempo insieme in raduno, c'è un dialogo diverso, improntato a migliorare la prestazione e non per forza il risultato che compiace la sfera degli interessi personali. Inoltre prima lavoravamo sempre. Ora lavoriamo molto, ma con diversa intensità».

Come a dire: chi va piano, va sano e va lontano?

«Diciamo così, dai! Non credevo, dopo anni, di trovare nuove potenzialità nel mio fisico. E mi sembra che anche i miei compagni ne abbiano beneficiato».

Il tracciato sloveno fa per lei?

«Non è quello in cui abbiamo già gareggiato, ma direi che avendo un buon dislivello mi sento meglio anche nella sprint che sarà a tecnica classica e non skating».

Che gare farà, lei che ha già vinto tutto?

«Le mie, con la sprint di oggi, poi la Team sprint di domenica, la staffetta e la 50 km».

Pellegrino formato distance! Il suo compagno Didi Noeckler ha scommesso che un giorno la porterà a fare la Marcialonga: vincerà?

«Chissà, perché no. Con l'età è naturale pensare alle gare di distanza. Voglio vedere come reagisce il mio fisico».

Un vino che migliora invecchiando a lungo come i rossi della sua vallée?

«Sarebbe bello invecchiare fino ai Giochi del 2026.

Vorrei, però, arrivarci competitivo, almeno per una medaglia di squadra, essere di aiuto per un metallo che in fondo mi manca».

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