Spettacolare e concreta, bella come mai quest'anno e forse neppure l'anno scorso, l'Inter strapazza la Roma (0-3), vince la quarta di fila in campionato e regge il passo scudetto del Milan. La corsa continua e il divertimento è assicurato. Un primo tempo pazzesco, perfetto: 3 gol fatti, 2 sbagliati di nulla, un solo pericolo corso. Tutto a ritmi altissimi. Impossibile giocare di più e meglio. Naturale la frenata nella ripresa, a gara già finita.
Mourinho annichilito e con lui la Roma, schierata inutilmente a specchio, ma schiacciata nella sua metà campo fin dal calcio d'avvio. Rinunciataria anche quando è già sotto di 2 gol, difficile capire se sia solo merito dell'Inter o colpa vera di una squadra già più debole e nell'occasione ulteriormente penalizzata da infortuni e squalifiche. Di certo c'è che l'ex Special One resta per 90 minuti spettatore del disastro: mai un guizzo, nemmeno un'idea. Solo qualche espressione delle sue, recite conosciute e un po' consunte, cui stavolta non può nemmeno sommare i triti lamenti per la prestazione dell'arbitro, salvo l'ironico rilievo per la mancata ammonizione a Cristante («perché noi siamo la squadra più indisciplinata della Serie A») fatto in un dopo-match in cui non risponde alle domande, ma rilascia semplicemente alcune dichiarazioni cariche di malcelate giustificazioni («l'anno scorso la Roma ha finito a 29 punti dall'Inter, che è molto più forte di noi; oggi abbiamo giocato senza potenziale offensivo; abbiamo sbagliato 3 gol»). Restano i numeri: sono 7 sconfitte in 16 partite, un punto contro il Napoli e poi solo ko contro Lazio, Juventus, Milan e adesso Inter. Buon per Mourinho e la Roma che dopo l'intervallo, i nerazzurri alzino il piede dall'acceleratore, pensando al sogno di sbancare Madrid, martedì, per provare a vincere il girone di Champions. Giocando così, non è impossibile.
Inzaghi pareggia i conti personali con la Roma (quinta vittoria), Dzeko (fischiatissimo) segna il primo gol da ex e non esulta, Dumfries sventa l'unica palla-gol giallorossa (Vina) e subito dopo segna lo 0-3, ma tra tanti bravi, il bravissimo è Calhanoglu, e non solo perché sblocca il risultato direttamente su calcio d'angolo (con la colpa netta di Rui Patricio). Il turco ha trovato condizione e coraggio, Inzaghi gli ha dato una posizione nuova, più lontano dall'area avversaria e più nevralgica nel gioco nerazzurro, quasi in sovrapposizione di Brozovic, che infatti spesso arretra accanto a Skriniar, con grande beneficio della manovra, che acquista piedi buoni dove normalmente gli altri hanno piedi con gli spigoli.
Il gol di Dkezo è spettacolare, meraviglioso non tanto nella già ottima conclusione del centravanti, ma esemplare nella costruzione: 18 passaggi consecutivi prima della botta vincente, in 56 secondi di possesso palla continuato, con un'accelerazione finale da playstation e gli avversari storditi da tanta velocità e capacità di palleggio. Un gol da vecchio Barcellona, uno di quelli di Messi col tiki taka di Guardiola. Visto raramente nel nostro calcio. Perché con questi giocatori si può anche segnare e vincere non solo in contropiede. Applausi a Inzaghi che l'ha capito e imposto.
L'unica nota negativa della serata nerazzurra è l'infortunio di Correa, poco dopo l'inizio del secondo tempo.
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