Julius Wobay ha la calamita per i guai, con tanto di rima baciata nel cognome, o forse non riesce proprio a starne alla larga. Questa sera lo attende la sfida di Europa League contro l'Inter. Nulla di trascendentale rispetto alle situazioni drammatiche che ha affrontato nella sua vita. Ha iniziato a giocare a pallone per le strade di Freetown, «e sono fuggito prima di trovarmi intrappolato nella guerra dei diamanti». Dopo aver ritrovato un pizzico di serenità nel campionato rumeno con la maglia dell'Universitatea Craiova, Julius si era lasciato attrarre da una ricca offerta proveniente dalla Siria. «Mi voleva l'Al Jaish, la squadra del presidente Al Assad. Tempo di atterrare a Damasco ed è scoppiato il finimondo, così sono tornato in Romania». A gennaio però si è trasferito in Egitto, firmando un contratto con l'Al Masry di Port Said. «Mi sembrava una buona opzione, la squadra era ambiziosa e il contratto interessante». Il 2 febbraio Julius si trovava in tribuna, in attesa del transfert della Fifa, quando accadde la terribile carneficina (74 morti) tra i tifosi dell'Al Masry e quelli dell'Al Ahly. L'accordo saltò perché la federcalcio decise di sospendere il campionato a tempo indeterminato. «Sono tutte coincidenze, che cosa mai potrebbe accadermi qui in Azerbaijan?». Domanda pertinente, visto che per il 28enne trequartista della Sierra Leone non starebbe filando tutto liscio neppure da quelle parti.
Il presidente azero Ilham Aliyev, appassionato di pallone e tifoso del Neftçi, vorrebbe offrirgli la cittadinanza in modo tale che il muscolare calciatore africano possa liberare il posto per l'ingaggio di un nuovo straniero (l'ennesimo brasiliano). Julius avrebbe declinato l'invito, inimicandosi in un colpo solo il presidente Aliyev e la frangia più estremista dei tifosi del club di Baku.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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