Lo stadio Ferraris tra rugby, concerti e fantasmi

Forse non tutti sanno che il glorioso e prestigioso campo di Marassi dove oggi si applaudono le prodezze di veri purosangue del pallone o si inorridisce alle papere di qualche «ronzino», un tempo era davvero terreno esclusivo dei cavalli. Lì c’era infatti il maneggio del marchese Musso Piantelli, socio del Genoa Crocket and Football Club, il quale cedette il terreno al club a patto che attorno venisse realizzato un galoppatoio. Il marchese non lo poteva immaginare, ma in quel mese di luglio del 1910 aveva dato il via ad una leggenda. Per conoscerla fino in fondo, basta sfogliare l’ammiccante libro realizzato da Michele Calandri, corrispondente sportivo di «Repubblica» intitolato, appunto, «Un secolo di sogni. Cronache dal Luigi Ferraris». Un secolo perché l’idea di svelare vita e miracoli di questo tempio del calcio, e non solo, è venuta a Calandri proprio per celebrare i primi cento anni del «Luigi Ferraris».
Calcio, si diceva, con Genoa e Sampdoria a contendersi da sempre zolle di terreno (prima i campi di calcio era due, affiancati), fama e storia. A partire dalla prima partita disputata il 22 gennaio 1911.
Calcio e non solo calcio. Calandri racconta che nel 1935 al Ferraris si giocava a rugby, l’unico sport cui il regime non «italianizzò» il nome. Dicono che i boati per le reti segnate coprirono il rumore del bombardamento navale degli inglesi, il 9 febbraio 1941. Sempre rugby durante l’occupazione, con gli allenamenti degli Alleati: i pali erano gialli e neri. Ci giocò anche la nazionale di baseball cubana, alla prima esibizione europea nel segno di Fidel Castro.
Ma in questo campo dove si giocarono due Mondiali c’è spazio anche per i fantasmi (quelli che la gente del quartiere a più riprese ha giurato di sentire di notte correre, gridare, tirare calci), per le monetine (tutte quelle lanciate sul prato a fine partita si raccoglievano e venivano consegnate al Gaslini) e per un scimmietta (un cercopiteco ferito adottato per un certo periodo dai giardinieri).
C’è poi il capitolo della musica, e che musica. In ventidue anni più di venti concerti per trecentomila e più spettatori. Da De Gregori a Lucio Dalla, da Lou Reed a Joe Cocker, da Vasco Rossi a Bruce Springsteen.

E poi Ligabue, Miguel Bosè, Claudio Baglioni e Pino Daniele. Per ognuno un aneddoto, uno scampolo di storia.
Per ora torniamo a goderci Genoa e Sampdoria, in attesa di giorni migliori, sempre e comunque nel segno del «Ferraris».

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