Ma lo stadio non è la Patria

Ma lo stadio non è la Patria

Ma che senso ha questo attacco all’Inter perché ha messo in campo calciatori stranieri? La maglia di una squadra di calcio non è una bandiera, né il campo di gioco la patria. Che senso ha gridare «Vergogna» per un caso del genere? Undici giocatori che inseguono una palla per metterla in rete non sono l’esercito nazionale. Sono soltanto atleti. Che siano stranieri o di Abbiategrasso, fa lo stesso. Sono un vecchio interista, lo confesso, ma scriverei altrettanto se si trattasse del Milan, del Chievo o di altra squadra. Non mescoliamo il sacro col profano, la politica con lo sport.
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Sentite questa: «Milano ha bisogno di uomini con idee di sinistra e lo stile di destra». E anche quest’altra: «Il politico di domani è un uomo di centrosinistra con lo stile di destra». Mai la destra ha ricevuto tanti complimenti. E però, per pietosa discrezione, evitiamo di fare i nomi degli autori. Mai nessuno che dica: «Ci vogliono uomini liberi con idee liberali». Sì, si grida facilmente «viva la libertà», ma solo quando non sono in causa piccoli o grandi interessi personali. Lo scrive Montesquieu ne Lo spirito delle leggi: «Non vi è parola come libertà che subisca tante metamorfosi».
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Dice Dario Fo all’ex prefetto Ferrante: «Vediamoci, se no è un disastro». Chissà che accadrà dopo che si saranno visti. Intanto l’ex prefetto sfila col corteo dei sindacati. È vero, lo ha fatto anche Prodi. Ma questo è piatto conformismo.
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Al teatro Nuovo, un tempo regno del grande Remigio Paone, Giancarlo Tedeschi si esibisce in una pièce di cui è anche autore, dal titolo «Smemorando, la ballata del tempo ritrovato». L’eccezionalità sta nel fatto che l’autore-attore, milanese doc peraltro, ha 85 anni.

Come non segnalarlo?
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Il primo dicembre l’assessore alla Cultura Zecchi intitola a Guido Vergani, carissimo collega scomparso, i giardini che stanno tra via Pier Capponi, via del Burchiello e via Giorgio Pallavicino. Un altro bel segno di civiltà ambrosiana.

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