Stallo sulle grandi opere Il governo non decide e rimanda tutto a ottobre

Giuseppe Salvaggiulo

da Milano

«Il governo oggi non è in condizione di dare un’indicazione delle priorità per le infrastrutture». Nelle parole di Enrico Letta, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, c’è il senso di quanto accaduto ieri al Cipe. Il Comitato interministeriale per la programmazione economica era convocato per approvare il documento sulle infrastrutture da allegare al Dpef e trasmettere al Parlamento. Un atto dovuto. E lo ha approvato «senza problemi», come spiega il ministro per l’Attuazione del programma Giulio Santagata. Ma questa è la forma. La sostanza è altra ed emerge dalle parole di Letta: il governo, non essendo in grado di decidere sulle grandi opere, ha ripiegato su «un’azione in due tempi». E quindi ieri si è limitato a licenziare «una ricognizione critica della situazione, prodromica alla discussione», rimandando alla legge finanziaria (ottobre) «la definizione delle priorità».
«Siamo stati obbligati a fare l’approvazione di questo testo», ha spiegato lo stesso Letta, ammettendo implicitamente che si tratta di una scatola vuota. Altro che «ricognizione critica»: secondo la previsione della legge obiettivo, il documento allegato al Dpef «individua le infrastrutture pubbliche e private e gli insediamenti produttivi strategici e di preminente interesse nazionale (...) con indicazione degli stanziamenti necessari per la loro realizzazione». Dunque una manifestazione di volontà politica e non una certificazione dell’esistente.
Differenza non da poco. Letta la imputa a due fattori: «Il primo è lo scarso tempo a disposizione visto che il governo è in carica da circa 50 giorni. Il secondo è che abbiamo trovato uno stato dei conti pubblici molto difficile». Antonio Di Pietro sostiene che «per completare il programma della legge obiettivo servirebbero 114,9 miliardi di euro. Tra le opere sottoposte al Cipe, il 29,3% risultano finanziate integralmente, il 51% sono dotate di finanziamento parziale mentre il 19,6% sono approvate soltanto in linea tecnica». Il ministro delle Infrastrutture ha poi definito la legge obiettivo «un bidone».
Queste spiegazioni non convincono l’opposizione, che considera il documento approvato ieri una presa in giro in violazione degli obblighi di legge e si prepara a dare battaglia da martedì in Parlamento. Per Luigi Grillo, senatore di Forza Italia e membro della Commissione Lavori pubblici, «il Cipe ha deciso di non decidere», approvando «un bel niente, un elenco delle cose che già si sanno». Quanto alle risorse, «bisogna finirla con questa commedia. Il problema non esiste, perché ci sono opere che si finanziano da sole, con le concessioni ai privati. Ciò che serve è la volontà politica. Il governo nasconde dietro le denunce di buchi che non ci sono le profonde divisioni interne che gli impediscono di decidere quali opere fare».


Maurizio Lupi, responsabile Infrastrutture di Forza Italia, attacca il ministro Di Pietro: «Continua a parlare di cose che non conosce. Farebbe infatti bene a rileggersi gli allegati ai Dpef passati nei quali la Casa delle libertà indicava un piano chiaro per il rilancio delle infrastrutture e fissava dei paletti ben precisi».

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