La Stampa - Rifiuti pericolosi, indagato il padre della Marcegaglia

Maxioperazione sugli impianti di Bagnoli e Scarlino. L’inchiesta coinvolge venti aziende: ordine di custodia per 23 persone

di Maria Vittoria Giannotti

Grosseto. Golden rubbish, spazzatura d’oro. Un nome, quello dell’inchiesta sfociata in una raffica d’arresti e denunce in mezza Italia, che la dice lunga sul volume d’affari che ruotava attorno a un colossale traffico di rifiuti, alcuni pericolosi, smaltiti illecitamente. Un milione di tonnellate, secondo i carabinieri del Noe, con un lucro di svariati milioni. Un fiume di rifiuti che da Bagnoli - ma non solo - approdava in discariche e siti non autorizzati grazie a un sistema di false certificazioni. Tra le mete piu’ gettonate la Maremma. Bilancio: 23 arresti, 20 aziende coinvolte, sessanta indagati tra cui Steno Marcegaglia, presidente dell’omonimo gruppo e padre di Emma, presidente di Confindustria. L’inchiesta è iniziata in Campania quando nel mirino dei magistrati è finita la movimentazione dei rifiuti prodotti dal sito contaminato di Bagnoli. È finita in Toscana coinvolgendo l’Agrideco, società di intermediazione che gestiva l’impianto di smaltimento di Scarlino. Ha portato allo scoperto anche le cause di un’esplosione, il 26 giugno 2008, in questo stabilimento: un operaio romeno di 47 anni perse la vita, un altro rimase ustionato. A provocare lo scoppio sarebbe stata la triturazione di cento tonnellate di bombolette spray, finite a Scarlino senza analisi preventiva. I vigili del fuoco impiegarono una settimana per bonificare l’area, poi dagli accertamenti sull’incidente l’inchiesta ebbe una svolta. Le indagini fecero emergere che l’impianto di Scarlino era utilizzato per smaltire illecitamente terra e rocce provenienti dalle bonifiche dei distributori di carburante. Ora i dirigenti dell’Agrideco sono in carcere. Al presidente del consiglio d’amministrazione e al vice viene contestato anche l’omicidio colposo. Tra i clienti l’Agrideco - che dal 2006 al 2008 fatturò 30 milioni all’anno - contava il gruppo Lucchini, quello Marcegaglia e alcune aziende della multinazionale Procter & Gamble che produceva le bombolette spray triturate a Scarlino. Ascoltati dagli investigatori, i dirigenti italiani della P&G avrebbero dichiarato di essere stati tratti in inganno dalla proposta d’appalto della società maremmana. Il coinvolgimento di Steno Marcegaglia è stato determinato dalla carica ricoperta nel gruppo ed è riconducibile al filone d’indagine che riguarda la Made Hse, azienda di consulenza del gruppo mantovano che - secondo gli inquirenti - avrebbe favorito lo smaltimento di rifiuti classificandoli come non pericolosi: il suo laboratorio è sotto sequestro.

«I dirigenti interessati dalle indagini non ricoprono più da tempo gli incarichi originariamente loro conferiti, l’azienda si dichiara certa del loro corretto comportamento e confida di poter dimostrare la propria estraneità ai fatti contestati», precisano i legali del Gruppo Marcegaglia. Nelle indagini è coinvolto anche un altro impianto di stoccaggio che opera nella zona industriale di Lanciano, in Abruzzo.
(10 febbraio 2010)

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