La parola magica lhanno pronunciata i sindacati del pubblico impiego, anche se con lintento di evitare agli statali laccusa più infamante: quella di essere degli assenteisti. Per Carlo Podda, segretario generale della funzione pubblica della Cgil, lanciare ora un allarme assenteismo è infondato se non strumentale. Ma i dati commentati dal sindacalista sono quanto di più ufficiale ci possa essere perché vengono dalla Ragioneria generale dello Stato e più precisamente dal Conto annuale 2001-2002- 2003 sul personale della pubblica amministrazione.
In una tabella di questo «censimento» degli impiegati pubblici risulta che nel 2003 i giorni di assenza tra il personale della pubblica amministrazione assunto a tempo indeterminato sono stati in tutto 172 milioni 307 mila e 643. Una cifra impressionante che, divisa per il numero degli impiegati che risultavano essere negli organici degli enti pubblici nello stesso anno, cioè 3.350.692, dà la media di giorni di assenza per ogni impiegato: 51,4. Questo significa che ogni statale o dipendente di ente pubblico tra ferie, assenze per malattie retribuite, permessi, scioperi e altre assenze non retribuite non è al suo posto di lavoro per un mese e tre settimane ogni anno.
Rispetto allanno precedente cè stata una crescita, con circa sei milioni di giornate non lavorate in più. Il ministro della Funzione pubblica Mario Baccini non commenta i dati che ancora non ha studiato nel dettaglio, ma assicura che è già stato attivato lispettorato della funzione pubblica «proprio per fare un controllo diffuso nella pubblica amministrazione». Lobiettivo rimane quello della «lotta alla burocrazia e del riconoscimento dei meriti» di chi nello Stato e negli enti pubblici lavora sul serio.
Ci sono comunque differenze notevoli tra i diversi «comparti» della macchina statale e anche tra i generi. Le donne da sole hanno totalizzato quasi 102 milioni di giorni di assenza, contro i 70 milioni degli uomini. La differenza la fanno ovviamente i congedi per maternità. Tra i settori, quello che pesa di più è quello della scuola dove nel 2003 ci sono stati 56 milioni di giorni non lavorati. Bisogna però tenere conto che nellistruzione lavora circa il 34 per cento di tutti gli statali e che la media di giorni non lavorati per ogni impiegato è uguale a quella dello Stato in generale. Subito dopo la scuola cè la sanità con 42 milioni e 600mila giornate perse, seguono le regioni e le autonomie locali con 30 milioni e 773mila giorni mentre il comparto che conta meno giorni di assenza è quello dei diplomatici e dei prefetti.
La gran parte dei giorni non lavorati sono le ferie retribuite che nel 2003 ammontarono a poco più di cento milioni, quindi un mese a testa per ogni impiegato pubblico. Molte anche le giornate di malattia: 40 milioni, undici a testa per ogni dipendente dello Stato. I permessi e le altre assenze retribuite hanno pesato per 19 milioni di giornate, mentre per gli scioperi, che non sono retribuiti, se ne sono andati un milione e 463 mila giornate di lavoro.
Per Podda della Cgil molte di queste giornate di lavoro perse «probabilmente sono da collegare allalto tasso di conflittualità per il mancato rinnovo dei contratti».
In ogni caso, spiega Antonio Foccillo, segretario confederale della Uil la pubblica amministrazione ha già le armi per combattere il fenomeno. «Già dal primo giorno di malattia - ricorda - si può mandare una visita fiscale, e in alcuni casi sono anche previste delle penalizzazioni economiche».
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