«C'è molto di più» dietro quel buio della mente che avvolge i pazienti in stato vegetativo o di minima coscienza. Un mondo fatto di silenzi, complicato, su cui stanno cercando di far luce gli scienziati dell'Istituto neurologico Besta di Milano, che a una prima conclusione sono già arrivati: «È tutto molto più difficile di come sembra e, al momento, il rischio di diagnosi imprecise è alto - spiega Salute Matilde Leonardi, la ricercatrice che dirige il progetto Start up Coma research centre (Crc): diagnosi e prognosi dei disturbi della coscienzà - Abbiamo osservato che molti dei pazienti arruolati nel nostro studio erano stati classificati come affetti da un certo disturbo della coscienza che a un'analisi più approfondita si è rivelato diverso. Al momento la percentuale di diagnosi convertite si aggira intorno al 31%, ma sono dati preliminari da convalidare».
Per quasi un paziente su tre, dunque, la diagnosi era sbagliata. E la percentuale più alta di errori è stata registrata in relazione agli stati vegetativi. «Sono molte di più le persone ritenute in stato vegetativo che, con le nostre valutazioni approfondite, si sono rivelate essere invece in stato di minima coscienza», osserva Leonardi a Milano, a margine della presentazione dei risultati della ricerca targata Besta nel triennio 2009-2011. «Vale la pena di fare una riflessione - dice - dal momento che, grazie ai progressi della medicina e all'aumento dell'età media della popolazione, questi pazienti sono in aumento».
Dai primi risultati dello studio coordinato dall'Irccs di via Celoria «emerge che siamo molto vicini a quel dato del 40% di errori di valutazione di cui si parla in letteratura», riflette la scienziata. E questo perchè «c'è ancora molto da studiare». I pazienti con disturbi della coscienza «sono molto più complicati di come si pensava.
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