I l convegno su «Mario Spagnol, maestro delleditoria» - nel decennale della scomparsa - è andato benissimo: a occhio e croce cerano duecento spettatori, più i soliti giornalisti. Detto questo, laltroieri sera al Circolo della Stampa di Milano la solida statua di Renato Simoni - «simbolo di chiarezza, onestà e poesia» - si voleva a un certo punto gettare nella tromba delle scale. Sempre a causa della noia soporifera dovuta allincenso sentimentale sparso a piene mani dai relatori-allievi sulla figura del Maestro e agli scontati calzini celesti di Umberto Eco («È un caso - ci ha detto più tardi al cocktail - comunque ne ho due paia»), chi scrive testimonia di aver visto abbassarsi nel sonno le palpebre di Paolo Monelli, Orio Vergani, Riccardo Bacchelli e dei loro colleghi tutti, raffigurati nel dipinto di Bernardino Palazzi adiacente la surriscaldata Sala Bracco.
Editore privo di snobberie, animato da uninnata indole «pop», Spagnol trasformò un panorama editoriale polveroso e, diciamolo, ideologico, in unindustria vitale. Fu curioso, temerario, ostinato («E nelle trattative per i diritti, più sleale di quanto stanno affermando sul palco» ci hanno ricordato nel foyer alcuni dei suoi primissimi, ormai anziani allievi). Forse per questo Spagnol meritava di essere considerato più criticamente, di modo che il suo modus operandi fecondasse anche il presente.
Laltro ieri mattina, paventando che il convegno venisse sequestrato, come poi è accaduto, dal politically correct della memoria, abbiamo quindi voluto sentire in anticipo uno dei relatori, il presidente Stefano Mauri, per avere una visione delle prossime mosse del gruppo Gems, che oggi conta quindici case editrici, tra cui Longanesi, di cui Spagnol fu direttore editoriale, e Guanda-Corbaccio e Salani, che Spagnol contribuì ad accorpare. «Con le ultime acquisizioni - ci ha detto Mauri - Gems è diventato il terzo polo editoriale italiano, dopo Mondadori e Rizzoli. Ci sono state polemiche di recente, perché sembra quasi impossibile pensare che esista un gruppo del genere, con 1200 novità pubblicate lanno, che non sia politicizzato, eppure per noi è così. Certo, ogni casa editrice del gruppo pensa con la propria testa, ma i risultati non fanno che sottolineare che più che alla politica guardiamo ai lettori. Chiarelettere non ha forse tra i suoi best seller Gianluigi Nuzzi, tuttaltro che di sinistra? Al suo fianco cè Travaglio, ma i due non si escludono a vicenda, nel miglior spirito di Spagnol. Non stigmatizzeremo certo il 55 per cento degli italiani che votano a destra solo per colorare il nostro catalogo di rosso-sinistra. Abbiamo tra i nostri autori Saramago e Belpoliti, non proprio dei fan di Berlusconi, e partecipazioni nel quotidiano il Fatto, ma questo non ha impedito alla nostra Longanesi - che ha in catalogo anche il conservatore Sergio Romano - di chiedere un libro a Gianfranco Fini, attraverso Luigi Brioschi, salvo poi accorgerci che siamo arrivati tardi rispetto a Rizzoli. Allo stesso modo, pubblicherei Tremonti. E nella remota possibilità che Ignazio Marino diventasse segretario del Pd, chiederei un libro anche a lui».
La Gems però dovrà vedersela con un settore meno affidabile dei lettori, quello della distribuzione: «La sfida è con Mondadori e Feltrinelli. La prima ha il 30 per cento del mercato, la seconda una forte catena di librerie. Noi abbiamo Emme Libri, allinterno della quale cè Ibs, la più grossa libreria italiana sul web.
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