Domanda da un miliardo: sapete davvero cos'è l'Expo? A imbarazzare è il timore che pochi abbiano capito di cosa si tratti. Per fortuna ogni tanto qualcuno ai posti di comando ce lo spiega. Ad esempio Diana Bracco, presidente della Società di Gestione Expo Milano 2015. Intervistata dal mensile Espansione, spiega che «Il segno tangibile dell'esposizione» non sarà una banalità come la Torre Eiffel di Parigi o l'Atomium di Bruxelles «bensì il Centro per lo sviluppo sostenibile». E spiega meglio: «Una vetrina della cooperazione e lo snodo di una rete internazionale diffusa in ogni parte del mondo di formazione e di diffusione delle conoscenze». Chiaro no? E aggiunge: «L'Expo di Milano sarà anche un grande progetto di solidarietà e una piattaforma di cooperazione internazionale». Adesso sì che abbiamo capito. Ironia a parte, forse è arrivato il momento che qualcuno spieghi cosa accadrà nel 2015. E che si faccia intendere. Non basta l'abuso del termine più politicamente corretto, «solidarietà», per risultare comprensibili. Ma soprattutto questo linguaggio sembra eludere la domanda delle domande: cosa resterà a Milano dopo l'Expo? Se lo chiede chi l'ha immaginata come occasione per realizzare finalmente strutture e infrastrutture degne di una grande metropoli europea. Invece ci siamo persi nelle banalità dell'«ecocompatibile», del «no alla colata di cemento» e degli orti sui terrazzi alla Carlin Petrini, applauditissimo agli Stati generali. Quanto alle linee 4 e 5 del metrò o ai nuovi quartieri di Porta Nuova e City Life, sono cose decise e avviate già quando l'Expo 2015 era solo nella mente di Giove.
Per fortuna la signora Bracco assicura l'intento di «lasciare alla città aree verdi e parchi attrezzati» e «la Borsa agro-alimentare telematica». Ma soprattutto «l'anima educativa e i progetti di cooperazione... saranno il lascito più importante». E ci deve bastare.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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