Storace lascia i vertici di An: «Cercherò una vera destra»

«Non c’è più spazio per dibattere in un partito intriso solo di carrierismo e governato dalla paura»

da Roma

«Caro presidente, a conclusione della tornata elettorale amministrativa e dopo un vero e proprio tour in moltissime regioni italiane, ti scrivo per rassegnare le mie dimissioni da membro dell’assemblea nazionale di Alleanza nazionale». Con una lunga lettera al coordinatore dell’assemblea di An Franco Servello, il senatore Francesco Storace lancia una sfida ai vertici del suo partito, dimettendosi dagli organismi dirigenti, perché intende «cercare la destra». E Destra dovrebbe chiamarsi il suo nuovo partito, per il quale già lavora trovando un primo alleato in Nello Musumeci, l’esponente siciliano di An che già due anni fa ha lasciato il partito. E rivolgendosi anche a Daniela Santanchè come «donna coraggiosa e controcorrente» e che dopo la lettera di Storace replica: «Ora Fini non può non fare niente».
Nella lettera a Servello, il senatore ribelle non denuncia solo l’arretramento elettorale del partito, malgrado la vittoria del Polo, ma soprattutto la gestione «monocratica» senza alcuna discussione interna nel «partito «intriso di carrierismo e governato dalla paura», la riduzione delle correnti «a bande per autotutela» e la mancata convocazione del congresso nazionale. E denuncia anche la scelta referendaria di Fini «per abrogare una riforma elettorale che soltanto un anno e mezzo fa era stata imposta ai parlamentari di An».
Lontani gli anni nei quali «epurator» occupava un posto da protagonista nel partito, adesso intende rimettere tutto in discussione, e accusa anche i suoi compagni di partito: «Non ha senso far finta di nulla, magari per mendicare la promessa di un seggio parlamentare in futuro. Lo avrei ottenuto standomene buono, buonino, come fanno quelli che in privato dicono “Hai ragione” e in pubblico scodinzolano attorno al leader maximo». E i colonnelli, risentiti da questa affermazione, giurano che Storace è «prontissimo a tornare sui suoi passi, altrimenti avrebbe dato dimissioni irrevocabili direttamente nelle mani di Fini».
Ma non sembra, malgrado a via della Scrofa si sussurri che Fini tenterà di ricucire, che le prime reazioni servano ad allentare la tensione. A cominciare dal presidente Servello che risponde con due righe secche alla lunga lettera di Storace. E questi ricambia con un ironico «Grazie dell’appassionata risposta». Aggiungendo: «Nemmeno al Poljtburo sovietico si rispondeva così ai dirigenti politici...».

Prende le distanze dalla decisione di Storace il suo vecchio amico, il deputato Carmelo Briguglio che si augura un ripensamento, mentre per Teodoro Buontempo, il senatore Storace «si è fatto interprete di un sentimento diffuso e di conseguenza le sue posizioni non dovranno essere ignorate e neppure criminalizzate». E auspica un confronto franco perché «l’unità si difende con la chiarezza e ritirando alle correnti la delega in bianco che ha consentito loro di occupare, con spregiudicatezza, le strutture territoriali».

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